Gli stessi fenici, anch’essi presto «maris potentes» – con la loro Tiro,
in terra siriaca, famosa per i traffici marittimi e gli insediamenti di colo-
nie («in Siria Tyrus, navigationibus et coloniis celebrata») – in effetti
dagli egizi avevano imparato le relative arti («nauticam ab aegyptiis
didicerant»)
71
.
Dunque essi nel
Diritto universale
sono posposti agli egizi, più avan-
zati nei più diversi saperi pratici, e quindi maggiormente in grado di
lasciare orma di sé anche presso genti abitanti su più lontane regioni
del «mare interno». È questo appunto il caso degli etruschi, riprenden-
do il quale Vico riproponeva, sia pure in un contesto concettuale ormai
già radicalmente mutato, il nesso tra egizi e civiltà dell’Etruria sul quale
si era già diffusamente esteso, in chiave di ‘patriottismo italico’, nel
‘Proemium’ del
De antiquissima italorum sapientia
e poi nella
Seconda
Risposta
.
Nel ‘Proemium’ dello scritto del 1710 l’autore, come è noto, nell’ad-
ditare la solidità della congettura che le «doctas verborum origines
Latinorum» andassero rinvenute nelle lingue di due «doctae nationes»,
gli Ioni e gli Etruschi, aveva qualificato questi ultimi come una «eruditis-
sima gens»: la quale non soltanto si distingueva nella «doctrina» relativa
ai riti sacri, quindi nei campi della «theologia naturalis» e della «theolo-
gia civilis», ma anche aveva preceduto i Greci in essenziali saperi come
quelli della geometria, come attestava il fatto dell’estrema semplicità della
loro architettura («architectura ceterarum simplicissima»).
72
Nella cosid-
detta
Seconda Risposta
la precedente «forte conghiettura che in Italia fos-
ENRICO NUZZO
48
espressioni citate, cfr. in partic. ivi [23-24], p. 507. Da quanto detto appare fondata,
comunque da percorrere, verificare, l’ipotesi critica che in Vico l’interesse poi maggio-
re a irrobustire i caratteri comuni a tutti i popoli della sua ‘storia della civiltà’ abbia
indotto a indebolire, se non sopprimere, una prospettiva di ‘storia delle civiltà’ che
avanzava, pur faticosamente, nel
Diritto universale
.
71
Ivi [22], p. 507. Come è ben noto, Cadmo, in modo più determinato fenicio, più in
genere rappresenta «primorum urbes condentium characterem» (ivi, XXI [25], p. 577).
Anche in questa pagina viene riportata la fondazione da parte sua di Tebe, confermando
un dato indicato nel «programma chronologicum» del «Cadmus phoenicius» fondatore
in Beozia di Tebe. Quanto a Tiro, anch’essa per Vico ha una fondazione inizialmente
interna, «mediterranea», e poi solo successivamente viene spostata verso il mare.
Come si vede, i fenici rappresentano chiaramente un altro esempio di ‘propagazio-
nismo culturale’, compatibile con il quadro di un ‘poligenismo culturale’ associato
all’irrinunciabile tesi del ‘monogenismo e monopropagazionismo etnico’.
72
De antiquissima italorum sapientia
, in
OF
, pp. 57-59.
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