«per similitudine», regioni al di là dei mari che cingevano questa
95
. Da
ciò viene illuminato il significato di peregrinazioni di figure eroiche ben
precedenti quelle dell’età di Omero, come quelle degli erranti, girova-
ghi («errones»), «Hercules in ultimam Hispaniam, Perseus in longe
mari dissitam Aethiopiam, Bacchus in remotissimos Indos», rivelando-
si esse condotte lungo ben ravvicinati e sicuri «terrestria itinera» nella
nativa Grecia. Invece effettivi «hero[es] mari errores» – beninteso nel
senso di caratteri eroici – sono quelli che appaiono tanto frequente-
mente dopo la guerra di Troia: Ulisse, Menelao, Diomede, Enea, e così
via, in viaggio «in ignotas terras, gentes, urbesque». Ecco dunque che i
primi debbono intendersi come «errones mediterranei», i secondi,
«transmarini», come raffigurazioni comunque di uomini erranti finché
non accolti secondo l’‘istituto’ dell’«asilo», o dell’«ospizio», da cui
nacquero le «clientele»
96
.
SPAZI E TEMPI DEL MEDITERRANEO NELLA STORIA VICHIANA DELLA CIVILTÀ
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95
Ivi, VII [31-42], pp. 845-849.
96
Ivi [52, 53], pp. 853-855: «errones prius mediterranei, deinde transmarini, qui in
hospitia, sive asyla, ubique locorum recepti, ex quibus clienteleae deinde ortae». Ad un
costume inizialmente proprio dei greci, i quali per primi intesero i «publica amicitiae foe-
dera», si deve riportare poi l’apertura all’ospitalità verso gli stranieri, quando il significa-
to dell’espressione «transmarin[i] errones» si estese a ricomprendervi «eos qui vi tempe-
statum errant» (
ibid
.) Nella chiave dei rapporti tra «reges» e «clientes», desiderosi questi
ultimi di accedere ai matrimoni con l’ordine dei «patres», Vico poi legge anche la
«mythologia» di Penelope e dei Proci, di Ulisse e Iro, di Pan; cfr. ivi [54-56], pp. 855-857.
Su tutte queste materie bisogna continuare ad astenersi dal passare alla loro tratta-
zione nelle tre redazioni della
Scienza nuova
: un compito assolvere al quale significhe-
rebbe rendere ancora assai più esteso questo già lungo contributo. Tuttavia è il caso
forse di rispondere alla domanda del lettore (già del testo vichiano) circa il fatto che
siano protagonisti delle peregrinazioni marittime tanto eroi greci vincitori nella guerra
di Troia che loro vinti. La più chiara risposta si legge nella prima versione della
Scienza
nuova
, laddove l’autore configura in effetti un altro caso della tipologia delle trasmigra-
zioni via mare, dovuto non a penuria di forme di sostentamento, e nemmeno, eviden-
temente, a conflitti tra parti sociali di diverso ordine (come gli ottimati e i loro clienti
plebei), ma tra «fazioni» diverse. «Dopo la guerra troiana avvengono gli errori degli
eroi, come di Menelao, di Diomede, d’Antenore, di Enea, e, sopra tutt’altri celebrati,
quegli d’Ulisse, de’ quali altri restano in terre straniere, altri ritornano alle loro patrie:
che devono essere fughe di eroi co’ loro clienti vinti o premuti da contrarie fazioni in
contese eroiche dintorno agli auspìci e le loro dipendenze» (
Sn25
, § 451, p. 1195).
Questo caso recato da Vico, che definisce un vero e proprio ‘tipo’, potrebbe spiegare
(ma l’autore non sente mai il bisogno di farlo) – gli uomini in fuga essendo già di diver-
si ordini sociali – perché mai i gruppi che erravano per il mare, una volta approdati in
terre deserte, non dessero luogo a forme politiche ‘democratiche’, «popolari»; le quali
Vico attribuirà invece ai soli Fenici, cioè alle città nate dai traffici (secondo un nesso tra
«mercatura» e repubblica popolare sul quale sarebbe interessante tornare).