Come è noto agli studiosi vichiani, il primo riscontro di Venezia a
un’opera di Vico lascia il segno: si tratta di una recensione anonima che
compare sul primo numero (articolo decimo del Primo Tomo) del
«Giornale de’ Letterati d’Italia», appena fondato nel 1710 dal medico
e filosofo Antonio Vallisneri, dall’erudito Apostolo Zeno e dallo stori-
co Scipione Maffei; l’opera recensita è il
De nostri temporis studiorum
ratione
, la prolusione con cui Vico nell’ottobre del 1708 aveva inaugu-
rato l’anno accademico dell’Università napoletana. A differenza delle
precedenti sei
Orazioni inaugurali
tenute tra il 1699 e il 1707, mai pub-
blicate da Vico, la settima, appunto il
De ratione
era andata alle stam-
pe in quello stesso 1708.
La recensione è estremamente accurata e di indiscutibile apprezza-
mento (salvo per una piccola osservazione sul alcune superficialità in cui
l’Autore sarebbe incorso). In particolare, per quello che ora ci interessa,
vi sono due punti della recensione che vanno sottolineati: innanzitutto,
l’attacco di Vico a quel metodo critico cartesiano che contrapponeva il
vero della chiarezza e distinzione non solo al falso, ma anche al verosimi-
le, e dunque all’eloquenza, alla fantasia e alla memoria, su cui per Vico si
fondano la pittura, la poetica, l’oratoria e la giurisprudenza. L’altro punto
si intreccia al precedente: difatti, la portata politica del
De ratione
, e in
particolare la ricostruzione che Vico fa del passaggio nella storia di Roma
dalla Repubblica al Principato e il ruolo che in queste fasi ha avuto il
patriziato, hanno come premesse la dichiarata superiorità della
sapientia
sulla
scientia
, dell’
eloquentia
sulla critica, «con argomenti che mettono a
nudo ormai l’intenzione politica di tutto il suo pensiero»
2
.
Nel Tomo Secondo dello stesso «Giornale», pubblicato anch’esso
nel 1710, tra le «Novelle Letterarie d’Italia dell’aprile, maggio e giu-
gno» troviamo una nota, anch’essa anonima, nella quale si annunciava
la prossima uscita della
Metafisica
del «Professore di Vico» come primo
volume di quel progetto del
De antiquissima italorum sapientia
che
avrebbe dovuto proseguire con i volumi sulla
Fisica
e sulla
Morale
: vo-
lumi che, come sappiamo, Vico non scriverà mai. È interessante il fatto
che l’autore della Nota ritorni sulla precedente recensione per sottoli-
neare altri punti e rettificare leggermente il testo del Primo Tomo: in
particolare, si sofferma ulteriormente, sia pure con pochi tratti essen-
ziali, sul ruolo del Patriziato romano durante la Repubblica, che si ser-
viva della Giurisprudenza «come di un arcano della potenza», come un
ALESSANDRO STILE
76
2
G. G
IARRIZZO
,
Vico, la politica e la storia
, Napoli, 1981, p. 74.
1...,322,323,324,325,326,327,328,329,330,331 333,334,335,336,337,338,339,340,341,342,...484