rum
) è rappresentata dalle due figure stanti di Minerva (con elmo e
scudo a simboleggiare la sovranità degli ottimati sui campi coltivati) e
Mercurio (la forza di persuasione attraverso le quali si compongono i
disordini tra le classi). Proprio l’estensione del diritto di asilo ai nati al
di fuori delle prime famiglie portò le antiche comunità verso i conflitti
sociali che trasformarono i governi degli ottimati (tranne Venezia) in
monarchie o governi popolari. Si arriva così alla quarta epoca descritta
da Vico, con le ingiustizie che corrompono la nature dei primi governi,
fino alla creazione dell’
imperium
civile al quale dovevano sottostare ple-
bei ed ottimati, uguali oramai davanti alla legge (trasformazione indica-
ta dalla testa di Medusa sull’egida di Minerva e, nell’affresco, dall’elmo
offerto alla dea da due putti, a testimoniare l’autorità che estende la giu-
stizia agli strati più bassi della società).
Attraverso una macchinosa ricostruzione delle scene affrescate in ba-
se alle teorie vichiane sullo sviluppo delle società umane con lo scopo
di giungere all’unicità delle istituzioni veneziane, Armstrong arriva a
individuare corrispondenze precise tra i miti e la loro interpretazione
filosofica, così che l’affresco nel suo insieme diventa intellegibile per gli
‘iniziati’ e non per gli esponenti dell’aristocrazia che in quegli anni face-
vano della loro formazione artistica e libraria un punto di forza.
Anche i più minuti particolari decorativi e gli espedienti composi-
tivi di un’ampia e spettacolare narrazione si caricano di ‘significati’
vichiani. Ancora, l’idea che il riguardante sia coinvolto nella successio-
ne delle storie figurate attraverso le dicotomie spaziali e il gioco di dia-
gonali tra le posizioni degli eroi del mito nell’affresco è un’idea baroc-
ca; mentre ad esempio il cambiamento di posizione di Ercole rispetto
ad Anfione tra il modello e la versione finale dell’affresco è imputabi-
le, secondo Armstrong, alla conoscenza da parte dei Sandi della prima
Scienza nuova
, pubblicata alla fine del ’25, in cui Ercole, associato alla
risoluzione dei primi conflitti di classe, con la sua epoca segue quella
di Anfione: in questo modo l’esecuzione del ciclo, secondo lo studio-
so, va a slittare perlomeno agli inizi del ’26, il che contrasterebbe con
la presenza accertata a Udine dell’artista per il Palazzo dei Patriarchi ed
altre commissioni cittadine.
Si è visto in precedenza come Tiepolo potesse contare sui riferi-
menti di studio per un tal genere di composizioni: basti pensare alle
vaste allegorie dei grandi veneziani ‘internazionali’, e al Ricci del primo
Settecento in particolare, per ritrovare affinità artistiche ed anche
tematiche con le soluzioni adottate a palazzo Sandi. Tuttavia il prece-
TIEPOLO, VICO E IL ‘MITO DI VENEZIA’
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