movimento. Il dramma kantiano dello schematismo trascendentale
‘ritorna’ in Vico, in tutt’altro contesto, nell’
experimentum crucis
dell’ap-
plicazione degli ordini apriori della mente alle tradizioni «lacere e spar-
te» che la filologia ha tramandato senza poterle
comprehendere
.
3. Ma queste
vitali
contraddizioni confluiscono in una, che informa
di sé il dramma della filosofia di Vico e, prima ancora, della sua
perso-
na
. Tale dramma va ben oltre la co-
scienza
che il mondo fatto dagli
uomini è
senza dubbio
«uscito da una mente spesso diversa e alle volte
tutta contraria e sempre superiore ad essi fini particolari ch’essi uomi-
ni si avevan proposti». Qui non si esprime che quella legge dell’etero-
genesi dei fini, che vale nella storia come quella di gravità per i corpi fi-
sici – e che il grande bardo aveva rappresentato come cifra universale
delle vicende umane (quale formidabile incontro
mancato
quello tra
Vico e Shakespeare!). Legge che non mette affatto in discussione la
libertà del fare, poiché in nulla l’agire umano dipende deterministica-
mente dalla sua ‘sovranità’. L’uomo opera liberamente, e tanto più il
suo fare apparirà libero quanto più, nel progresso della ragione, egli si
mostrerà cosciente che nulla può sull’ordine dei corsi e ricorsi, che
sono «dimostrazione di fatto istorico della provvidenza». Ciò significa
che la libertà attiene analogicamente a quel
creare
divino, per cui Dio
crea attraverso e in conformità al suo Logos. Ma la
generazione
del
Logos
in
Dio, nell’unità della sua essenza, non trova alcuna analogia
possibile col fare umano (principi e idee, infatti, non sono generati da
noi, in noi, ‘autonomamente’; noi ne siamo ‘illuminati’ e li riconoscia-
mo soltanto, e sul loro fondamento ordiniamo i fatti storici). La distin-
zione delle due dimensioni, tra
creatum
e
genitum
, è assolutamente fon-
damentale per intendere la ‘novità’ di Vico rispetto all’idealismo, e mi
pare presupposta da Vitiello lungo tutta la sua analisi.
Tuttavia, neppure essa determina di per sé una situazione dramma-
tica, poiché non pone in alcun modo a rischio l’idea di libertà. Il pro-
blema per Vico si impone ora,
nell’ora
– è il problema del Moderno, nel
senso letterale del termine. Non basta dire che quella dei ricorsi è una
‘legge’ solo nel senso che in essa si definiscono le ‘grandi regolarità’
della storia, e non principi apriori
à la
Spengler. Non basta mostrare
come l’idea del ricorso diverga essenzialmente da quella della ripetizio-
ne. Non basta ripetere che dalla ‘logica’ vichiana del divenire non ‘ema-
nano’ i fatti storici, e che tantomeno, come si è visto, tale ‘logica’ nega
quel carattere ek-statico dell’agire umano, quella finitezza anelante del-
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
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