l’animo umano, per cui esso costantemente ‘trascende’ la situazione in
cui si trova ‘gettato’. Tutto ciò è giusto – ma tutte queste considerazio-
ni non servirebbero, di per sé, che a definire l’ambito di un ‘corretto’
storicismo. Ben altra è la scena del dramma di Vico. Essa ruota intorno
ad un’interrogazione storica concretissima, da cui derivano conseguen-
ze ‘esplosive’ per tutta la sua filosofia.
Ora
che sappiamo, in questa
Ora
che è quella del sapere, in cui siamo
giunti a vedere l’umanità tutta contenersi «dentro l’unità di Dio», pos-
siamo
fare
che la «barbarie della riflessione» non sfoci, alla fine, nella
«barbarie del senso»? Possiamo
pensare
di escludere un tale ricorso?
Assolutamente no. Malgrado l’ingentilimento dei costumi, malgrado i
«governi umani» che la religione cristiana ha reso possibili, anzi: proprio
‘grazie’ a questo ‘progresso’, noi dobbiamo
riflettere
che quel ricorso è
possibilità
realissima. ‘
Sfolgora’ di umanità l’Europa – ma la
scienza
ci
rende
co-scienti
che la stessa linfa che ha portato a un simile ‘trionfo’ è
quella che destina alla decadenza. E la
novitas
cristiana? È ciò che rende
la situazione attuale qualitativamente diversa dai precedenti ricorsi, ma
non può certo
essere
considerata l’instaurazione di un Ordine che spez-
zi la continuità del divenire. La nuova religione agisce come fattore del
dramma storico universale, non come energia che ne sovverta il senso.
Non è possibile,insomma, cristianamente
pensare
che la barbarie della
riflessione sia evitabile. Ma si può
fare
che lo sia? Che cosa, d’altra parte,
potrebbe impedire che il «civil malore», che le passioni della «dilicatez-
za», della superbia, del fasto, le formidabili tendenze all’anarchia, cui
solo l’instaurazione della assoluta Monarchia o la vittoria di «nazioni
migliori» sembrano porre ‘rimedio’, svolgano il loro corso fatale, fino a
far ritornare «alle selve»? Per Vico, non c’è dubbio, solo la religione cri-
stiana. Un miracolo? No, poiché il ricorso non è assoluta necessità, non
detta il destino del ritorno dell’uguale. Ma è evidente il paradosso: pro-
prio il cristianesimo ha portato al ‘trionfo’ della riflessione. Qui la scien-
za si trasforma in ‘principio speranza’ – e ‘sospende’ il suo proprio: che
il corso delle nazioni si configuri essenzialmente come un ri-correre –
principio in base a cui è necessario iscrivere la stessa rivelazione del
Cristo nel ‘piano’ della creazione
ab aeterno
, e dunque renderla imma-
nente a tutte le epoche e a tutte le nazioni.
Qui si pone l’autentico dramma della libertà. Come concepire l’es-
sere libero in quanto capace di ‘eccedere’ il ricorrere della barbarie della
riflessione e, attraverso questa, di quella del senso? La scienza non può
in alcun modo
dimostrarne
la possibilità. Il cristiano la
crede
. La scienza
MASSIMO CACCIARI
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