e narrazione, filosofia e filologia, fatto e interpretazione, reale e possi-
bile, vero e verosimile.
Ma c’è un grumo di questioni che, più delle altre, si dispongono a
ordire la trama del libro e che avvicina, se posso dir così, la riflessione
di Vitiello a una visione critico-problematica dell’umano. Esse si raccol-
gono intorno all’irrisolto e inconchiudibile nesso tra universale e parti-
colare, tra ordine e storia, tra trascendente e contingente, tra un vero
che aspira alla totalità e un vero-certo che non vuole smarrire la concre-
tezza della parte. Giustamente Vitiello legge questo originario dualismo
nella chiave di una irrisolta tensione tra il neo-platonismo e la visione
cristiano-agostiniana, cosicché l’idea di Dio che sta prima e al di sopra
del vero è temperata da una immagine del Dio creatore del vero, unità
di verità e molteplicità. Vico, secondo Vitiello, va incontro al grande
fallimento consistente nel non aver trovato la mediazione che, nella mia
lettura invece, con non pochi elementi di raccordo con quella di
Vitiello, viene ricercata e trovata nell’universale fantastico, nelle raffi-
gurazioni della fantasia, nell’uniformità di una immagine che è il vero
medium tra natura e storia. «Questa irrisolta tensione – scrive Vitiello
– tra
mathesis universalis
e ‘lingua eroica’ è forse il più alto insegnamen-
to di Vico: testimonia infatti non l’inopia del suo pensiero, al contrario
la sua potenza e profondità. Questa tensione è il problema che Vico ci
ha lasciato in eredità, e che ancora oggi resta per lo più inavvertito. Il
problema del
linguaggio
della storia, antinomicamente moventesi tra
l’esigenza imprescindibile di un ordine – quello del tempo anzitutto
[…] – senza di cui neppure è pensabile la narrazione dell’accadere sto-
rico, del
Geschehen
, e la ‘novità’ di questo, senza la quale non ha senso
alcuno parlare di ‘storia’» (p. 35). E, più avanti, «Vico intende dar
prova di quella lingua mentale universale, che è alla base della costru-
zione della scienza nuova, condizione di possibilità, ed insieme testimo-
nianza di realtà della
mathesis universalis
della storia» (p. 83).
È il modo stesso in cui Vitiello concepisce il ‘fare filosofia’ (la cor-
rente sempre viva e tumultuosa tra l’interrogare e l’oggetto dell’interro-
gare, tra l’interprete e l’interpretandum) ad autorizzare, accanto al con-
senso verso una compiuta e completa lettura di Vico – come ha scritto
Tessitore nella prefazione – la possibile divaricazione tra le interpreta-
zioni. D’altronde, in non pochi luoghi del libro è possibile scorgere, al
di là del mai smentito fervore speculativo di chi si è messo in cammino
verso una inesausta ricerca della verità, ciò che si potrebbe definire
come
Work in Progress
, che è tutto il contrario dell’incompletezza filo-
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
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