ricerca che si affida all’immagine e alla nascita da essa dei saperi umani,
del mito, della cultura, del mondo civile. E quella intensa pagina pacia-
na che Vitiello ritiene «esiziale per la lettura di Vico» mi pare possa,
invece, dar senso ad una interpretazione, possibile e discutibile come
tutte le altre, della filosofia vichiana. «Vico ha veramente compiuto la
vera e decisiva rivoluzione copernicana che sarà poi ritrovata da Kant:
ma al posto dell’Io trascendentale ha posto
l’uomo storico
, il valore uni-
versale dell’opera umana creatrice di storia» (
Ingens Sylva
, p. 145).
G
IUSEPPE
C
ACCIATORE
III
Guardandomi dal peso delle ragioni fredde dell’antiretorica e dello
stile neutro della ‘scrittura accademica’, in primo luogo non voglio
lasciar cadere un’espressione calda di apprezzamento per questo libro,
per il piacere di leggere, di pensare, che esso personalmente, partico-
larmente, mi ha dato. Vitiello aspira a scrivere bene, oltre che a pensa-
re con energia speculativa, e riesce nell’intento. Ma in questo libro
l’equilibrio tra le due istanze mi pare assai bene, ‘maturamente’, conse-
guito. E non perché si sia abbassata la densità della proposta interpre-
tativa e della meditazione teorica che la sorregge, ma, al contrario, per-
ché tale proposta è pervenuta a consolidarsi e insieme decantarsi nella
sua essenzialità, favorendo il raggiungimento di una scrittura nitida e
allo stesso tempo partecipe.
Il risultato è un ‘bel libro’, che è cosa più rara di un ‘libro importan-
te’, sostanzialmente unitario pur se frutto di diversi momenti di impe-
gno critico: vi sono infatti raccolti e rielaborati saggi stesi (salvo le pagi-
ne su Enzo Paci) in anni recenti dell’ultimo decennio. Si tratta di un bel
libro breve, che preserva e manifesta un carattere di essenzialità, favo-
rito dal fatto che, anche storiograficamente Vitiello guarda all’‘uno’,
meglio «diligit» l’uno, rispetto ai ‘molti’: che è probabilmente la ragio-
ne ultima per la quale si è instaurato un dialogo fecondo (che richiede
sempre una ‘distanza’ tra i dialoganti) oltre che amichevole, tra di lui e
me, assolutamente attratto come invece sono dal ‘molteplice’.
La resa di questo dialogo richiederebbe un lungo contributo, che
parta da lontano, da premesse e metodo dell’indagine ‘topologica’, e
segua anche i significativi spostamenti della ormai non breve vicenda
interpretativa di Vitiello attorno a quegli che è divenuto davvero un
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
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