Dunque. A mio avviso in primo luogo non vi fu «estensione», ma
mutamento, e in certo modo abbandono di un disegno di
mathesis uni-
versalis
quale fu avanzato nel
De antiquissima
: nella misura in cui esso
rispondeva alla versione più larga – circolante nella cultura europea
cinque-seicentesca, e di origine largamente neoplatonica (è stata su ciò
osservata l’importanza della traduzione nel 1560 del
Commento al I
libro degli ‘Elementi’ di Euclide
[di Pappo]) – dell’idea di
mathesis uni-
versalis
come scienza (filosofica) universale di tutte le scienze, di tutti i
saperi: ideale di «scienza generale» che pervenne a Descartes esprimen-
dosi nei termini di un luogo delle
Regulae ad directionem ingenii
che
Vitiello pone tra gli
exerga
appunto del I capitolo:
ci deve essere una scienza generale, che spieghi tutto ciò che si può chiedere
circa l’ordine e la misura non riferita ad alcuna speciale materia.
Ora, la limitazione al sapere matematico del potere conoscitivo uma-
no di conseguire davvero il vero si accompagnava nel
De antiquissima
ad
un discorso sul fondamento divino. Il quale – può essere utile subito
osservare ai fini di quanto si dirà più avanti – aveva sia un versante cono-
scitivo («Deus in me cogitat», secondo la continuazione-correzione della
«doctrina» di Malebranche), che un versante più propriamente ‘teologi-
co’: con una definizione – in verità un’assertiva dichiarazione – degli
attributi del divino per la quale in particolare la «voluntas» divina ha i ca-
ratteri della bontà e insieme della sua fermezza, ineluttabilità, costanza.
Certo scimus
Deum omnipotentem, omniscitum,
optimum
; cujus intelligere,
verum; cujus
velle, bonum
; cujus intelligere simplicissium, & praesentissimum;
cujus
velle defixum & ineluctabile
(cap. VI; il corsivo è mio).
Ma quella limitazione si accompagnava anche ad un disegno di tene-
re assieme, in una scienza generale, tutti i saperi, compreso quello fisi-
co (magari nella forma di un sapere ‘ipotetico’, se non ‘ipotetico-corri-
spondentistico’).
Ora con il
Diritto universale
, e già nel discorso eminentemente
‘apriorico-sistematico’ del
De uno
, l’abbandono di questo disegno (ma
non del discorso metafisico, esplicito o implicito, del fondamento),
secondo un’opzione problematico-tematica marcatamente ‘umanologi-
ca’ nega, se non la natura stessa della
mathesis universalis
, la sua prati-
ca come scienza universale di tutte le scienze. Delle scienze, dei saperi,
delle loro mutevoli vicende, con la
Scienza nuova
si darà piuttosto una
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
115