gnoseologico fondamentale, trasforma le speculazioni di un neopitago-
rismo o platonismo mistico in scienza esatta».
Ma qui occorrerebbe addentrarsi in ulteriori distinzioni tra concezio-
ni, formulazioni e letture della
mathesis universalis
. Resta un dato inter-
pretativo di significativo sostanziale consenso da segnalare sul finire di
questa prima approssimazione critica alle pagine del libro: il discorso
vichiano sulla storia non è compreso se non ‘rispettato’ nel suo volere
essere discorso sul suo ‘ordine’, necessario, universale, quindi ‘eterno’ e
‘divino’. Ed il consenso si estende anche al dato critico secondo il quale
nel sapere vichiano in forma di scienza dei fenomeni storici risulta un’
‘eminenza’ ultima delle «pruove filosofiche» (da lungo tempo ho soste-
nuto una simile posizione, in una direttrice minoritaria della letteratura
critica vichiana): tesi attorno alla quale tanto più non pare allora passa-
re qui ad una chiarificazione dei suoi significati e delle limitazioni.
A questo punto l’autore individua due momenti di importante «crisi»
del pensiero vichiano. Il primo (ma non tale cronologicamente) investe
alla radice lo stesso «geniale progetto» di una
mathesis universalis
dei
fatti storici, del «certo», che accogliendo questo nel suo discorso verita-
tivo «lo falsa», dal momento che si trova dinanzi al compito di «rende-
re» l’inarticolato linguaggio delle origini, intriso di corporeo, assumen-
dolo nella «lingua ‘pistolare’ che aveva diviso parola e cosa, pensiero e
realtà»
6
. Si tratta del problema, assai caro anche a Vitiello, di ciò che si
pone ai limiti del linguaggio, perché alle origini del linguaggio, di ciò che
sfida l’essere detto, o l’essere detto in un linguaggio che non tradisca
un’irriducibilità originaria. Cercando di ‘dire’ Vitiello, rispetto alla diret-
trice della predilezione logica (e/o ontologica…) dell’‘uno’, che si ali-
menta di Plotino e ancor di più di Gentile (una miscela non da poco),
opera nella sua riflessione la direttrice che medita,
contra
Hegel, con
Nietzsche e/o Husserl (ma anche Kant) su origini e limiti dell’
episteme
,
del linguaggio, del significato. Ancora ‘genealogizzando’ Vitiello, si può
forse dire che una fortissima urgenza di non perdere di vista l’‘assoluto’
principio, che non può determinarsi senza sminuirsi, chiama simmetri-
camente all’urgenza di rinvenire (e provare a ‘dire’ non epistemicamen-
te) l’assoluto ‘umano corporeo’ che non può essere interamente detto.
Il secondo momento di «crisi», in effetti precedente, riguarda la
condanna della conoscenza a «minuere». E investe la conoscenza uma-
na, ma soprattutto la conoscenza del divino (nel senso del genitivo sog-
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
117
6
Vico
, p. 16.