Sia chiaro. Entro lo spettro problematico suo, la strumentazione
concettuale a lui disponibile, Vico, una volta scelto di partire «dal bas-
so»
9
, sentì e assunse la questione delle origini (per le nazioni gentili…),
del rapporto con l’indicibile corporeità nella quale era restato solo un
barlume di «vis veri», una cifra del tutto esigua di conatività verso il
vero-giusto. Ma che in proposito si possa parlare di «crisi» è a mio avvi-
so dubbio. E per ragioni che ho più volte argomentato circa il rappor-
to, nel pensatore napoletano, tra mente e corpo, facoltà ingegnose e
ragione, potenza ma anche e soprattutto deficienza delle origini e rilie-
vo delle conquiste (pur drammaticamente insidiate) di verità e giustizia
nei tempi umani. La preoccupazione di impronta ‘ermeneutica’ dei limi-
ti del linguaggio è sostanzialmente lontana, se non ignota a Vico, co-
munque non tale da fare sì che si possa parlare in proposito di una
«crisi». Il che non significa che l’opera sua non fornisca materiali di stra-
ordinario valore, interesse, perché della materia si sia indotti a parlarne,
e fecondamente. Certo, Vico inseriva la storia delle nazioni gentili, rina-
te alla storia, in un più ampio spettro di storie, quindi la stessa rinascita
del significare non aveva sicuramente il carattere della mossa ermeneu-
tica con cui si dà l’orizzonte del linguaggio significante. Tuttavia è inne-
gabile che, nello spettro di un discorso che si è reso largamente autono-
mo, egli effettivamente coinvolgeva arditamente e densamente la sua
speculazione nel problema del «
processo di formazione
del significato»
10
.
È dunque ben legittima la proposta critica centrale di considerare la
principale conquista vichiana il rinvenire l’origine del linguaggio nel
«parlare scrivendo», cioè nell’«originaria scrittura geroglifica», figura,
immagine, iconica idea, che il corpo disegna nel suo movimento corpo-
reo, traendola dal suo «gesto animale»
11
. A ciò si può aggiungere una
legittima esigenza a guardare a ciò con la prospettiva (di necessità apo-
steriorica, almeno post-husserliana) di un interesse a spingersi fino
all’interrogazione (non husserliana) sulla genesi della stessa intenziona-
lità
12
. Senza implicarvi però, mi pare, una «crisi» vichiana.
Se quella crisi non c’è, o è assai meno drammatica, il disegno di Vico
di pervenire all’universale dagli accidentali nel campo del «mondo
delle nazioni» riesce, o riesce più tranquillamente: e stranamente io
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
121
9
Ivi, p. 17.
10
Ivi, p. 59.
11
Ivi, p. 71.
12
Cfr. ivi, p. 67.
1...,367,368,369,370,371,372,373,374,375,376 378,379,380,381,382,383,384,385,386,387,...484