ENRICONUZZO
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natura che riposava su di una sua ontologizzazione. Ma basta ciò a rite-
nere Vico pienamente consapevole di una condizione epistemica di
crisi nella quale sarebbe intervenuto per ‘completare’ l’operato di
Galileo? O non piuttosto Vico si impegnò a impugnare conquiste (non
tutte conosciute o intese) della scienza moderna, tentando sugli inizi
una nuova sistematica ‘fisica-metafisica ipotetica’ (in uno sforzo co-
mune anche a grandi oppositori di direttrici della scienza moderna, ma
davvero più ‘consapevoli’, come Leibniz…)? E non è piuttosto dall’ab-
bandono del discorso sulla natura, ma non della ‘natura’ di un’onto-
logia antropologica (con qualche forse pallido, ma significativo, recu-
pero della conatività del reale nella conatività umana della ‘vis veri’),
che sorge il Vico della ‘scienza nuova’ del mondo civile delle nazioni:
magari piuttosto con un recupero di momenti metodici del cartesiane-
simo (con la critica stringente dei saperi della memoria)? In tal senso è
in gioco anche il problema delle ‘discontinuità’ nella vicenda della me-
ditazione vichiana: tra la neometafisica ‘platonizzante’ (con la proposta
di Badaloni di individuare apporti del neoplatonismo, specie inglese,
che Garin non appariva molto propenso a discutere) del
De antiquissima
,
la metafisica ancora ‘deduttivistica’ del
De uno
e della stessa ‘Pars
prior’ del
De constantia
, e la successiva conquista della scienza delle
costanze universali del «mondo civile delle nazioni»; incomprensibile,
si è detto, senza il confronto ‘moderno’ con la riflessione epistemologi-
ca di matrice cartesiana, ma anche intrecciata a irrinunciabili premesse
teologico-metafisiche.
Anche per saggiare ulteriormente tali domande, comunque per segui-
re analiticamente l’itinerario della meditazione gariniana sulla materia, bi-
sogna valicare le pagine del volume del 1970. Si può cominciare con l’in-
terpellare quelle dell’
Introduzione
al volumetto di Arthur Child,
Fare e
conoscere in Hobbes, Vico e Dewey
, apparso nello stesso anno nella nuova
collana di «Studi vichiani» diretta da Pietro Piovani (che esordiva in uno
con il Centro di studi vichiani e con il suo «Bollettino»)
55
.
6. Garin richiamava il lavoro di Child nel citato saggio
Per una
storia della fortuna di Hobbes nel Settecento italiano
, ma qui si limitava
a suggerire che «verrebbe […] fatto di dire che solo in Hobbes ha
55
A. C
HILD
,
Fare e conoscere in Hobbes, Vico e Dewey
[
Making and Knowing in
Hobbes, Vico and Dewey
, Berkeley-Los Angeles, 1953, pp. 271-310], tr it. Napoli,
1970; L’
Introduzione
di Garin all’edizione italiana si legge alle pp. 7-12.
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