di tutto con una rottura simbolica su questo punto: si abbandonerà,
cioè, e per motivi che non potremo qui affrontare, proprio quest’idea
di una sapienza antica, che verrà subito soppiantata da bestiali esordi,
e ci si sposterà così da un pensare metafisico a una nuova «critica meta-
fisica» in grado di sostituire la moderna
ars inveniendi
. Nel
De antiquis-
sima
non è ancora possibile conferire alla metafisica quel carattere evo-
lutivo di sviluppo, di tendenza, che nelle stesure della
Scienza nuova
si
affiancherà a un incedere storico della mente umana.
Divisibilità e corruzione caratterizzano il mondo delle cose fisiche,
così come le indivisibili virtù denotano il mondo delle cose metafisiche.
È il movimento quel che spiega il funzionamento di entrambi i mondi,
quel movimento che permette il delicato passaggio dal nulla all’esisten-
za. Ed è naturalmente la
potestas
con la quale il
conatus
provoca il moto
a tramutare il concetto attingendo il suo
verum
da un concetto metafi-
sico. Ma il moto grazie al quale la scienza umana restituisce senso a
quella metafisica vanifica le proprietà mobili della metafisica; «corpus
divisiones patitur, mens partium impatiens»
7
, il moto dell’anima appar-
tiene alla dimensione dell’indivisibile o a quella che si lascia dividere?
La distanza che si crea tra l’intero e la sua parte è una distanza sceno-
grafica o, per dirla con Leibniz, «iconografica», rappresentativa di pro-
spettive e punti di misurazione rispetto a un oggetto fermo che faccia
da punto di riferimento. Così i turbamenti dell’animo possono placar-
si o rafforzarsi, mentre la tranquillità non conosce gradi, perché non ha
punto di riferimento per misurare la quiete.
Per portare correttamente a termine l’operazione si rende necessario
un procedimento che distingua l’
intelligere
dal
cogitare
: richiamandosi
all’uso latino dei termini Vico interpreta la differenza come scarto tra un
«andar raccogliendo», un acuto «pensare», e un «leggere perfettamen-
te» per cogliere «gli elementi di una cosa con i quali se ne esprime l’idea
perfettissima»
8
, tra un uso d’ ingegno ed uno d’intelletto, tra il vedere il
piano a una dimensione e il solido a tre dimensioni.
Cogitare
che nella
sua definizione molto risente delle letture agostiniane; basti pensare alle
pagine delle
Confessioni
, dove si dice che «il vocabolo
cogitare
l’animo
se l’è usurpato per sé, sicché quello che ‘si raccoglie’ non altrove, ma
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
127
7
De antiquissima italorum sapientia
(d’ora in poi
De ant.
), a cura di M. Sanna,
Roma, 2005, IV, I, p. 74.
8
Ibid.
, p. 15.
9
A
GOSTINO
,
Confessioni,
X, XI, Milano, 1958, p. 270.