Il modo dell’intelletto è la forma di conoscenza per distinzione, anche
se nella mente nasce limitata da una naturale povertà di messa a fuoco
visiva, la cui estensione è poi quello che caratterizza la visione divina.
E questo perché l’intelletto umano ha una visione unitaria delle
cose, ma non una conoscenza delle cose nel loro insieme; per sperimen-
tarne i possibili rapporti reciproci si rende necessario l’intervento del-
l’ingegno. Se l’occhio di Dio vede in forma esatta il tutto, pur avendo
consapevolezza delle parti, e da questa semplice
visio
ottiene conoscen-
za esatta, l’occhio dell’uomo invece vede solo le parti, una alla volta, e
il tutto lo immagina potenzialmente con delle finzioni.
Fictiones
che
vengono pianificate dall’immaginazione con una strategia che permet-
te alla conoscenza umana di avvalersi dell’astrazione, allontanandosi il
più possibile dalla corporeità.
Ma accanto alla verità generata e generatrice prende posto anche la
verità in quanto
minuere,
nel rispetto del primo paragrafo al primo
capitolo del
De antiquissima
; quel concetto di
minuere
al quale anche
Paci era particolarmente interessato perché legato al tema della ‘corru-
zione’ delle forme e alla loro ricostituzione.
È per questo che, non a caso, il Vico più vicino a Leibniz è proprio
quello del
De antiquissima –
così come voleva anche l’interpretazione di
Mathieu – dal momento che soprattutto la sovrapposizione leibniziana del
conatus
alla
potentia activa
scolastica è un tramite importante per spiega-
re la vicinanza di questo testo ai temi del pensatore tedesco
.
È la metafisi-
ca a occuparsi dell’infinito, mentre la fisica si concentra sul finito.
Si capisce bene perché Vitiello teneva tanto alla tavola allegorica e
alla sua posizione: per avere insieme davanti a sé, in un sol colpo d’oc-
chio, le due storie, storia umana e storia divina, storia ideale eterna e sto-
rie nel tempo, operazione che, come sottolinea Tessitore nell’introduzio-
ne
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, molto interessa all’autore. Già presente nel
De antiquissima,
questo
conflitto fra le due storie è divaricazione dei due modelli di
verum
, e
viene così sciolto nella
Dipintura
, che le mette insieme. Grazie al «senso
comune», contrapposto al «senso proprio» della filosofia moderna, l’uo-
mo vichiano scopre il suo radicamento nel gruppo, in una città, in una
nazione, nel genere umano. Attraverso la fondazione di una
humanitas
che emerge con l’ausilio dei ritratti fantastici che permettono il passag-
gio da un geroglifico divino a un geroglifico eroico. Anche il suono
risponde alla necessità di livellare piano fisico (la storia) e piano metafi-
MANUELA SANNA
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Vico
, p. 5.