bettanti proposte attuali, delle quali è lecito dubitare quante pagine di
Vico abbiano effettivamente lette (non dico capite, che sarebbe davve-
ro troppo).
Nel ripresentare qui la rapidissima sintesi di antiche tesi dò atto –
come ho gia fatto in altra sede – al libro di Vitiello di indurre a pensa-
re non solo ‘i filosofi’ ma anche ‘gli storici’, tra i quali, orgogliosamen-
te e modestamente, mi iscrivo.
La novità della riflessione vichiana sta nel suo collocarsi al centro
della svolta della riforma filosofica e scientifica del Settecento, nel
senso che egli non ha fiducia nelle costruzioni
a priori
, geometriche del
mondo ed è consapevole della divaricazione esistente tra la fisica osser-
vata con «mente di gran geometra» e la concretezza della esperienza.
Da ciò Vico ricava la infruttuosità di un concentrarsi sulla ricerca del
vero
, trascurando il
verisimile
, perché ciò significa abbandonare il
«senso comune», il quale, «come la scienza ha origine dal vero e l’erro-
re dal falso», nasce «dal verisimile», ed «è regola di ogni prudenza».
Dalla quale la scienza differisce in quanto in essa «emergono coloro che
perseguono una sola causa, per mezzo della quale spiegano molteplici
fenomeni della natura: prevalgono invece nella prudenza coloro che
ricercano di un unico fatto il maggior numero di cause, per conclude-
re quale sia il vero». Con chiarezza, gia in queste affermazioni del
De
ratione
, viene fuori il problema e l’intenzione di Vico, indirizzato non
solo e tanto «alle cose esterne» che «stanno al di sopra della natura»,
quanto e soprattutto a quella natura nella quale «nulla è compreso che
non sia mobile e mutabile». Di ciò Vico intende ricercare il metodo per
ottenere la comprensione di questa natura e la sistemazione delle sue
molteplici manifestazioni. Non si tratta – come dimostrano il
De anti-
quissima
e le
Risposte
connesse – di abbandonare la metafisica, quanto
di evitare che la scienza perda di vista ciò che lo stesso Vico altrove
chiama le «anfractuosa vitae». Onde evitare tale rischio, Vico va alla
ricerca di una ‘nuova fisica’ che abbia consapevolezza delle utilità
sociali della scienza e della necessità di raccordarle al senso comune, il
solo in grado di non smarrire, nell’astrazione del vero, il verisimile delle
cose. Da qui la vera rivoluzione della conoscenza, che, al livello del
De
antiquissima
non approda ancora alla storia, ma definisce già il criterio
del cammino e del suo fine. Infatti, per essere fedeli all’assunto, biso-
gna perseguire la via della conoscenza intrinseca all’oggetto da cono-
scere che nessuno può conseguire in modo compiuto quanto chi sia
artefice di ciò che si vuole o si deve conoscere per non cadere nell’uni-
FULVIO TESSITORE
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