VII
Non potevo augurare al mio libro destino migliore: accolto da
Fulvio Tessitore nella prestigiosa Collana di ‘Studi Vichiani’ con una
Introduzione
che è un esempio di generosa comprensione ermeneutica
e rigoroso distacco critico, è stato discusso da storici illustri della filo-
sofia, e vicologi espertissimi – da Giuseppe Cacciatore a Manuela
Sanna ed Enrico Nuzzo –, e da filosofi della levatura di Carlo Sini e
Massimo Cacciari. Grande la mia gratitudine; non meno, lo confesso,
l’imbarazzo. Come corrispondere alla loro attenzione critica, giovando-
mi degli spunti di lettura che le loro puntuali analisi critiche mi hanno
offerto?
Ho scelto di ripartire da Vico, annodando intorno al tema
centrale
del linguaggio – «la favella essendo come posta in mezzo alla mente e
al corpo», alla storia e alla natura – alcune riflessioni che riprendono i
punti più discussi della mia interpretazione. Muovo dalla Dipintura
allegorica, che mi appare essere la risposta di Vico alla crisi del linguag-
gio del suo tempo, la ‘lingua pistolare’, riassumibile, questa crisi, nella
perdita della ‘figuratività’. La ‘genericità’ della lingua ‘colta’, la sua
‘astrattezza’ ha portato all’estremo la separazione tra parole e cose,
pensiero e vita, logica e storia. E non si tratta di un ‘incidente’ di per-
corso, ma di una necessità iscritta nella storia ideale eterna, nel ‘dovet-
te, deve, dovrà’ che la caratterizza (‘il processo astrattivo – per dirla con
Manuela Sanna – nasce da un
vicium
della mente umana, da un difet-
to, da una mancanza strutturale’). Per far fronte a questa crisi, e cioè:
per dare a questa storia, anzitutto a questa storia ‘noumenica’, concre-
tezza ‘schematica’, mostrando la sua immanenza nel tempo storico,
Vico ha introdotto la
Scienza nuova
con questa ‘idea’: la Dipintura.
Il linguaggio figurale della Dipintura permette di osservare
uno ictu
le due direzioni della storia ideale eterna. Quella dall’alto al basso, da
Dio alla fanciulla alata, da questa alla statua di Omero ed ai segni vari
della storia umana sino all’urna funeraria posta al confine dell’
ingens
sylva
; e l’opposta, dal basso all’alto, dalla storia che si svolge in tempo
alla luce del raggio divino che la guida e sostiene, sino alla sua fonte:
l’occhio racchiuso nella forma geometrica perfetta, il triangolo. Due
direzioni della storia, che sono un’unica e medesima, la prima rappre-
sentando la dimensione profonda e nascosta – ‘inconscia’ – della secon-
da, della storia
apparente
, della storia che appare nei segni, nei simbo-
li, nelle istituzioni degli uomini. Chiaramente la Dipintura non risolve
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
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