dell’‘impotenza’ di entrambi (felicissimo l’accenno al ‘mancato incon-
tro’ di Vico con Shakespeare!). In questa prospettiva l’interpretazione
del mondo moderno fondato sul ‘soggetto assoluto’, Io o Ragione che
sia – interpretazione che vanta nobile origine, Hegel, ed un’eletta sto-
ria, da Heidegger a Blumenberg – non può non essere respinta come
unilaterale, dacché per Cartesio dimentica Cervantes, oltre al già citato
Shakespeare, quando non superficiale se ancora si criticano Kant e
Husserl per il loro ‘soggettivismo’.
È su questo ampio terreno della valutazione complessiva del
moderno che va portata e discussa l’interpretazione storicistica di Vico
data da Tessitore e quella umanistica prospettata da Cacciatore. La
domanda che pongo è questa: è possibile – per Vico, beninteso – supe-
rare la scissione, o questa è iscritta nella struttura stessa della storia,
nella costituzione della sua
mathesis universalis
? Per me è e resta fon-
damentale, per la comprensione del moderno e di Vico, di Vico e del
moderno, la consapevolezza dell’
impotenza
del linguaggio che dovreb-
be narrare la storia; dell’
impotenza
del conoscere a comprendere l’agi-
re e dell’agire a ‘fare’ storia. Muovendo da questo nodo di problemi –
che trovo riassunti ed evidenziati nella distinzione vichiana di ‘genitum’
e ‘factum’ – la mia lettura vichiana sfocia in una riflessione sul Sacro.
Cacciatore mi chiede – non mi nascondo la portata della sua doman-
da-obiezione – se il problema del Sacro (del Sacro non di Dio, imma-
gine umana del Sacro) sia problema anche per Vico. Certamente,
rispondo, se il problema della scissione,
in primis
della scissione tra
eternità e tempo, è il problema del moderno – come reputo che sia.
Il problema del Sacro ripropone su altro livello la questione dell’
in-
gens sylva
. Non più solo selva primigenia da cui è sorto il mondo stori-
co – per un salto: il salto che separa la ‘confusione de’ semi umani’, del
tempo-non-tempo in cui ‘gli uomini nell’infame comunione non aveva-
no proprie forme d’uomini’, dal
minuere
costitutivo della storia e della
cultura –, l’
ingens sylva
è ora l’
inconscio
della storia,
die lichtscheue
Macht
, per dirla con Hegel, ‘la potenza che ha in orrore la luce’, che è
costante minaccia della storia, sempre in pericolo di ricadere non nella
barbarie da cui si risorge, ma in quella che spegne la storia stessa, il
tempo sempre incerto degli uomini. ‘Viene da chiedersi – scrive
Cacciari – quali frutti avrebbe potuto trarre Heidegger dalla conoscen-
za di
questo
Vico…’. Una minore ‘fiducia’ nell’Evento che dona, direi,
e sovrattutto una più ferma meditazione sul Sacro, Grazia (
Gnade
) e
Furia (
Grimm
) insieme. Sul Sacro, che nelle
Baccanti
di Euripide ha
NOTE SU
VICO. STORIA, LINGUAGGIO, NATURA
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