l’umana figura di Dioniso:
theòs mégas
, grande dio terreno-celeste,
dei-
nótatos antrópoisi d’epiótatos
, il più tremendo e il più mite verso gli
uomini.
Primos in orbe deos fecit timor
– scrive Vico in una Degnità,
citando Stazio, descrivendo l’
empia pietas
delle prime religioni.
Non a caso per parlare del Sacro si ricorre al linguaggio dei poeti.
Perché il linguaggio della riflessione non sa più dire il Sacro. La lingua
‘pistolare’ rende ‘oggetto’ quel che nomina; eppure la
mathesis univer-
salis
della storia non ha altro linguaggio che questo. In tal modo, que-
sta la mia conclusione, l’intera storia viene schiacciata, appiattita sul-
l’ultima età. Sini contesta questa affermazione con un argomento forte
(in queste pagine solo accennato, in altre variamente articolato): le età
degli dei e degli eroi – obietta – non sono meno interne alla
mathesis
universalis
dell’ultima età; sono pur esse ‘figure’ della
mathesis
. Pari-
menti la lingua eroica non è che una ‘lingua’ compresa nella lingua
della
mathesis
. Talché, postulare una lingua eroica ‘esterna’ alla
mathe-
sis
, rappresenta un inconsapevole cedimento al ‘realismo gnoseologi-
co’. Non posso certo difendermi dall’accusa citando quel passo di Vico
che si legge nella
Scienza nuova
del ’25 e nelle due successive, ove Vico
a chiare lettere afferma che della prima età ‘intendere appena si può,
affatto immaginar non si può’; e non posso, perché la
quaestio
solleva-
ta da Sini è di diritto e non di fatto. Replico, allora, chiedendo: se la
mathesis universalis
di Vico, la ‘scienza nuova’ (non il testo, ma la sua
‘materia’), è una forma di sapere e una ‘pratica’ di vita tra le altre, quel-
le che contraddistinguono la nostra moderna scrittura storica, della
quale sono ‘figure’ la lingua degli dei e quella degli eroi (non ripropon-
go qui il problema della loro incerta distinguibilità), in qual modo è
possibile conoscere le altre forme di sapere e le altre pratiche di vita?
Sempre solo dall’interno delle nostre? Ma già distinguere la nostra pra-
tica da altre, la nostra forma di vita dalle altre, non esige che in qualche
modo noi ci si ‘sporga’, o addirittura che noi si sia già sporti, ‘fuori’
della nostra
Lebensform
? Questo il problema di Vico – ed ora che s’è
replicato all’obiezione sulla
quaestio de jure
, possiamo tornare al ‘fatto’,
parlando di lui –, questo il problema che ha portato Vico dall’interpre-
tazione del mito come sapienza riposta (
De antiquissima
) alla concezio-
ne che ‘le prime favole furon istorie’ (
Scienza nuova
). A questo muta-
mento corrispose una trasformazione del linguaggio vichiano. Per par-
lare dell’età eroica, dell’età del mito nell’età e dalla età della riflessione
Vico ‘mima’ il linguaggio della ‘cosa’ da dire, del mito, tenta il
mytho-
logeîn
, l’unione di mito e ragione – progetto che verrà ripreso dagli
VINCENZO VITIELLO
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