VICO E LA VOCALITÀ DEL LINGUAGGIO
NELLA STORIA DELLA CRITICA
Di per sé nessun avvenimento ha grandezza,
neanche quando scompaiono intere costella-
zioni, popoli periscono, vengono fondati
grandi Stati, e condotte guerre con forze e
perdite enormi: il soffio della storia spazza
via molti fatti del genere come fiocchi di
neve. Accade anche, però, che un grande
uomo sferri un colpo che si smorzi senza
effetto contro una dura roccia: una breve,
acuta risonanza, e tutto finisce. La storia non
ha da riferire quasi nulla neanche di questi
avvenimenti per così dire soffocati. Così,
chiunque veda approssimarsi un avvenimen-
to,è colto dal dubbio segreto se coloro che lo
vivranno, ne saranno degni.
F. Nietzsche,
Wagner a Bayreuth
Il linguaggio è la nostra ferita più antica, cicatrice della prima espe-
rienza propriamente
umana
. Se c’è dunque qualcosa come una ‘filoso-
fia del linguaggio’, non può trattarsi di un rinvenimento recente, maga-
ri venuto incontro alla
svolta
di una via che non si ricorda più bene
dove conducesse. Al contrario: la filosofia da sempre è stata
trattazione
della lingua, cioè manipolazione, contingentamento – oblio. Ci sarebbe
semmai da chiedersi il
perché
di questo e indagarne le motivazioni pro-
fonde. Ma tale domanda è precisamente quella per evitare la quale ogni
manipolazione è stata approntata e via via migliorata. Attualmente, il
modello dominante induce a pensare il linguaggio come una fatto
intenzionale, significante e prassistico, dunque essenzialmente comuni-
cativo e sociale. All’interno di questo paradigma, porre il problema del-
l’origine del linguaggio e delle sue condizioni di possibilità, propria-
1...,393,394,395,396,397,398,399,400,401,402 404,405,406,407,408,409,410,411,412,413,...484