sa apparente debolezza e inadeguatezza, che in realtà altro non sono se
non il tratto determinante dell’umanità e la radice della sua possibilità
di accedere alla razionalità e all’universale:
l’uomo messo nelle condizioni di riflettere, che gli sono proprie, ha inventa-
to il linguaggio non appena tale riflessione ha operato liberamente. […]
L’invenzione del linguaggio è, quindi, in lui naturale come il fatto d’esser
uomo
41
.
Con ciò si potrebbe tornare a corroborare, da un lato, il già citato
rilievo per cui anche in Vico il sorgere dell’umanità non può partire da
zero, dovendo piuttosto presupporre pur sempre un elemento raziona-
le almeno in potenza, ma pure, d’altro canto, a sollevare qualche dub-
bio sull’effettiva validità di una lettura ‘condillachiana’ di Vico – e quin-
di sull’immediatezza di un linguaggio vocale –: la passionalità come ta-
le, di per sé, effettivamente non spiega il sorgere del linguaggio né l’ele-
mento peculiare del linguaggio umano rispetto alle altre forme comu-
nicative proprie degli animali.
Siamo a un punto estremamente delicato: da questo rilievo, infatti,
non
segue che quindi si debba – come fa Herder – ammettere l’impos-
sibilità di un’origine passionale, quanto piuttosto riflettere meglio
su
quale sia la passione fondamentale da cui scaturisce il dire.
Ed è precisa-
mente questo il punto celato e trascurato in tutti i raffronti prima men-
zionati e che forse costituisce il contributo più personale e significativo
dell’analisi vichiana: la connotazione essenzialmente
religiosa
che per
Vico ha l’esperienza originaria del linguaggio.
ANDREA SANGIACOMO
164
41
J. G. H
ERDER
,
Saggio sull’origine del linguaggio,
tr. it. Palermo, 1954, p. 35. Sul
rapporto Herder-Vico, cfr. V. V
ERRA
,
Linguaggio, storia e umanità in Vico e in Herder,
in
Omaggio a Vico,
Napoli, 1968, pp. 335-362; S. G
ENSINI
,
Linguaggio e natura umana
,
cit. Sul tema si veda anche J. T
RABANT
,
La scienza nuova dei segni antichi,
cit., p. 139-
159, dove per altro si sottolineano due differenze degne di nota: «Vico viene distin-
guendosi profondamente da Herder per l’enorme peso conferito alla lingua visiva
all’inizio del processo sematogenetico» (p. 157); e inoltre «la costruzione herderiana
del divenire umano è determinata dalla protesta contro la teologia o contro la dimen-
sione teologica della storia. Gli eroi di Vico sono invece Ercole ed Orfeo, il cui compi-
to è quello di combattere non contro gli dèi, ma contro la ferinità» (p. 158). Dei due
rilievi, mentre il primo conferma l’appartenenza di Trabant all’orizzonte ermeneutico
prima delineato, il secondo sottolinea l’aspetto notevole che anche in queste pagine si
sta cercando di rimarcare.
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