puro sentire senza nulla comprendere –, o qualcosa come un intento
‘comunicativo’ – giacché l’esperienza del religioso, accada al singolo o
alla comunità intera, non ha a che fare con qualcosa da
trasmettere
,
quanto piuttosto da
esprimere
e, in questo senso sì, dunque da
fare.
Per concludere questa rapida carrellata, risulta allora tanto più rile-
vante ricordare la lettura di Vitiello, il quale, di contro a quanto analiz-
zato prima, viene non solo ribadendo che la parola non è puro signifi-
care ma è anche corpo, e che è all’origine suono e non gesto muto, ma
riporta pure l’intera questione alle sue coordinate più propriamente
vichiane:
In questione non è qui l’insieme delle operazioni che le voci significanti ren-
dono possibili; in questione è il fatto stesso che
ci sono
voci significanti; in que-
stione è
il processo di formazione
del significato
44
. […] La lingua non nasce dal
solo movimento del corpo, ma
insieme
dal movimento e dalla voce. Il gestico-
lare dei primi uomini, dei selvaggi Polifemi, era accompagnato da voci inarti-
colate, urla o interiezioni, monosillabi. Era accompagnato, meglio: faceva tut-
t’uno con esse. […] In essi non v’era nessuna intenzione comunicativa. Questa
sorge più tardi, quanto il figlio della Terra, udendo il suono e non vedendo
insieme il gesto, il movimento del corpo, si ricorda di quest’ultimo; o vicever-
sa vedendo il gesto si rammenta il suono, come gli accade quando il fulmine
squarcia la Notte celeste ed egli si aspetta il tuono che fa tremare la terra. […]
Nell’angoscia, nel timor panico è la sorgente della memoria, del vincolo, cioè,
che lega il suono al gesto, il gesto al suono. […] Cosa comunica, infatti, il
suono? L’immagine che ad essa è legata attraverso la memoria
45
.
La
violentissima passione
da cui sorge la parola, è lo spaesamento
supremo di chi esperisce lo sprofondare dei singoli enti, particolari e
determinati, in virtù dell’emergere di uno sfondo che tutto avvolge,
tutto trascende, tutto confonde, tutto tace, e infinitamente incombe,
come mistero impenetrabile. In questo senso, la stessa
ingens sylva
è un
carattere poetico
: è l’immagine sensibile di un Tutto pieno, oscuro, con-
fuso, dove ogni cosa è presente ma sprofondata tra le altre, nessuna ne
emerge, tutte vi scompaiono, non in un vuoto, ma in intrico di ombre
che inciampa il cammino, ostruisce lo sguardo, soffoca l’aria e da ogni
lato annuncia pericoli senza nome né volto.
VICO E LA VOCALITÀ DEL LINGUAGGIO
167
44
V. V
ITIELLO
,
Vico. Storia, linguaggio, natura
, Roma, 2008, p. 59. Il volume ripen-
sa i principali interventi sul tema sviluppati da Vitiello a partire dagli anni Novanta.
45
Ivi, pp. 64-65.
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