tura ‘filosofico-trascendentale’ di Stephan Otto (cfr. pp. 49 sgg.). È a partire dal
Liber metaphysicus
che si delinea un percorso per la fondazione della moderna
Geisteswissenschaft
, di una nuova scienza come scienza costruttiva della storia,
fondata su una idea creativa della ragione (
ingenium
). Discutendo queste inter-
pretazioni (anche quella proposta da Donatella Di Cesare), l’A. formula un pro-
prio interessante punto di vista e cioè l’elaborazione, da parte di Vico, già nel
De antiquissima
, di un principio etimologico-ermeneutico. Alla luce di una
chiara fedeltà alle tesi del
Cratilo
platonico, l’intenzionalità teorica vichiana si
qualifica non tanto come ricerca della derivazione formale delle parole e delle
voci, ma come individuazione dei concetti filosofici originari (p. 55). È sulla
base di questo lavoro iniziale di chiarificazione che può svilupparsi il compito
centrale affidato al
De antiquissima
: la prima fondazione di un concetto di
scienza, basata sull’idea di verità umana e del suo possibile sapere (p. 57).
Una riconsiderazione dei principi filologico-filosofici della
Scienza nuova
,
fatta alla luce di un
hermeneutischer Zugang
, consente, nell’interpretazione di
Woidich, di passare da una ipotesi di tipo metodologico e
geisteswissenschaf-
tlich
a una concettualità di tipo
sprachontologisch
. Credo, tuttavia, che le due
chiavi di lettura non debbano essere messe necessariamente in antitesi, né pare
corretto sul piano della aderenza ai testi vichiani, una linea che tende a fare –
in senso addirittura pre-heideggeriano – della lingua il
prius
costitutivo del
mondo umano, dimenticando che una forma originaria non si pone di per sé
come inizio, ma si relaziona sempre a un insieme, che è quello del processo di
storicizzazione e di incivilimento. Il
prius
non è l’origine, ma è ciò a cui l’ori-
ginario si rapporta, e l’originario in Vico è l’umano nella totalità delle sue
dimensioni ontogenetiche e filogenetiche. Woidich sembra essere consapevo-
le di ciò, quando distingue, ma solo per motivi espositivi, la parte per così dire
gnoseologica della
Scienza nuova
(il
verum-factum)
, considerata criticamente
sia nella interpretazione idealistica di Croce, sia in quella
geisteswissenschaf-
tlich
alla Dilthey, e la parte in cui maggiormente si evidenzia il profilo lingui-
stico-ermeneutico (pp. 85-86). Quale che sia, comunque, la valutazione del
nesso – per me del tutto necessario per capire l’architettura sistematica della
riflessione vichiana – tra il principio filosofico-conoscitivo del
verum-factum
e
la ‘torsione’ interpretativa verso la filosofia ermeneutica, restano alcuni pro-
blemi di fondo opportunamente segnalati dall’A. Innanzitutto quello della dif-
ficile composizione (nel senso di un problema che resta aperto nel processo di
interpretazione dell’opera vichiana) tra il motivo teoretico del ritrovamento
delle forme del mondo storico nelle modificazioni della mente umana (secon-
do il citatissimo capov. 331 della
Scienza nuova
) e la consapevolezza storico-
filologica delle differenze antropologiche e culturali tra l’età arcaica, domina-
RECENSIONI
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