loro mondo. Ricorrendo al principio del
verum-factum
, Vico descrive la poten-
za creativa degli uomini primitivi, a differenza del creare-conoscere di Dio,
come un creare dall’‘ignoranza’: i primi uomini si fanno il
proprio
mondo
secondo le loro spesso false idee e rappresentazioni delle cose, che essi, tutta-
via, ritengono per vere: ‘fingunt simul creduntque’. Il conoscere dei primi
uomini non è alcun puro concepire (‘purissimo intendimento’) delle cose,
bensì un immaginarsi di esse» (pp. 134-135).
La seconda parte del volume, come si è detto, è quella che ricostruisce, con
analisi puntuali e storicamente informate, la storia della recezione ermeneuti-
ca di Vico. Essa inizia con l’esame di ciò che l’A. considera come il primo
documento della recezione vichiana in un contesto ermeneutico, il
Vico über
Homer
(1807) di Friedrich August Wolf (pp. 147-162). La seconda tappa di
questa lunga storia è individuata nei riferimenti che a Vico si trovano nelle
opere di Dilthey e Cassirer, entrambi convinti del posto preminente spettante
al filosofo napoletano nel processo di costituzione concettuale e metodologica
della storia e della teoria dell’ermeneutica, da un lato, e della teoria e della sto-
ria delle scienze umane e della cultura, dall’altro (pp. 163-197). Il terzo
momento è costituito dalle interpretazioni di Vico offerte da Erich Auerbach
ed Emilio Betti (pp. 197-245), mossi ambedue dall’intento di ricondurre la
Scienza nuova
nel contesto di un concetto metodologico e
geisteswissenchaf-
tlich
di ermeneutica. E questo il senso in cui si muovono sia la
verstehende
Philologie
di Auerbach, sia la
ermeneutica historiae
di Betti. La quarta stazio-
ne di questo percorso è individuata nel dibattito, aperto agli inizi degli anni
’60, da
Wahrheit und Methode
di Gadamer e da
Idee der Sprache in der
Tradition des Humanismus von Dante bis Vico
di Apel, senza trascurare, però,
l’incidenza che ebbe, nel complesso generale della discussione, la lettura che
fece Habermas di Vico, specialmente in
Erkenntnis und Interesse
e negli altri
scritti di critica dell’ideologia (cfr. pp. 245-319).
Di grande interesse è il
Nachwort
del volume, dedicato a un argomento
poco frequentato nella critica storico-filosofica vichiana: la recezione di Vico
nelle teorie anglo-americane della letteratura (pp. 321-331). In esso vengono
esaminate le interpretazioni di Northrop Frye (che utilizza Vico e la teoria
delle tre età per il suo concetto ciclico di storia letteraria e per il suo approc-
cio teoretico-linguistico alla Bibbia), Harold Bloom (che nel
Canone occiden-
tale
fa esplicito riferimento al modello ciclico della storia di Vico, ipotizzando
un passaggio dall’età aristocratica della letteratura, all’età democratica e, infi-
ne all’età caotica, quasi come configurazione di un vichiano ricorso) e Edward
Said (che più degli altri due ha dedicato grande attenzione all’opera di Vico,
sottolineandone la grande novità teorica di filosofo delle origini e della corpo-
RECENSIONI
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