reità sensibile). La tendenza a considerare ormai dominante, in filosofia come
nel senso comune del mondo attuale, il contesto culturale anglo-americano, ha
forse indotto la Woidich – ed è questo l’unico appunto che muovo a un libro
che peraltro considero importante e riuscito – a trascurare le ultime interpre-
tazioni che nell’ultimo decennio sono venute sia da parte tedesca (il riferimen-
to d’obbligo sono le ricerche linguistiche e antropologiche di Trabant, appar-
se dopo il libro del 1994), sia da parte italiana, con i più recenti contributi di
Tessitore, Nuzzo, Sanna e chi scrive, ma anche con i convegni e i relativi volu-
mi editi dal Centro di Studi vichiani di Napoli (ora ISPF): quello del 1999 su
‘Vico e la filosofia pratica’, quello del 2004 su ‘I saperi poetici e gli universali
fantastici’, quello del 2005 su ‘Vico e il corpo’.
G
IUSEPPE
C
ACCIATORE
L
UIGI
F
ERRERI
,
La Questione omerica dal Cinquecento al Settecento
, Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 2007, pp. XII-372.
Ben più ricco di quanto il titolo lasci intendere, il libro non si limita a un’in-
dagine di storia della filologia in anni nodali per lo sviluppo della tecnica ecdo-
tica e per la presenza vivente del classico, non solo letterario, nella cultura
moderna, ma affronta le fonti antiche e tardoantiche relative alla persona di
Omero, alla composizione e fortuna dei suoi componimenti, nell’ottica della
ricezione da parte dei dotti europei tra XVI e XVIII secolo. In tanta utilissima
ricchezza di documentazione è anche un certo limite della ricerca, che lascia il
lettore talora disorientato nel continuo spostamento dell’asse cronologico, p.
es., fra lo scoliaste della II
Nemea
e Fabricius: ma siamo certi che questo libro
non sarebbe spiaciuto a Giambattista Vico.
Il primo capitolo è dedicato a un complesso intreccio di problemi linguisti-
ci e storici: l’identità fra «omeridi» e «omeristi», e l’ulteriore identità di queste
due categorie con i «rapsodi»; l’origine etimologica del vocabolo rapsodi (da
r|aéptein
= cucire, ovvero da
r|aébdov
= bastone del cantore); l’ipotesi di André
Dacier relativa a due specie di rapsodi (rispettivamente cantanti e recitanti)
contestata da Metastasio. Maggiore rilievo avrebbe forse potuto ricevere la
testimonianza di Petronio, relativa agli
Homeristae
convocati da Trimalcione
per intrattenere i suoi commensali (P
ETRONIO
, 59). La scena è assai significati-
va: entra in sala un gruppo di commedianti, battendo rumorosamente le lance
sugli scudi, e prende a recitare versi greci mentre il medesimo Trimalcione legge
con voce canora una versione latina della vicenda, con personaggi omerici ma
RECENSIONI
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