Nel terzo capitolo Ferreri prende in esame l’antiomerismo francese all’altez-
za della
Querelle des Ancien et des Modernes
: qui lo studioso accetta una crono-
logia proposta da Noémi Hepp che distingue tre fasi nell’interesse (o disinteres-
se) per Omero da parte degli esponenti della
Querelle
: gli anni 1687-1700, poi
una fase di minore attenzione fino al 1714, e infine il momento culminante nel
triennio 1714-16 (le
Conjectures
di François Hédelin d’Aubignac, composte
attorno al 1664 sotto l’influenza di René Rapin e Paolo Beni, apparvero postu-
me nel 1715). Giustamente l’autore dedica un succinto paragrafo incipitario a
Scaligero e Beni, e questo è un profilo che meriterà in futuro sempre maggiore
attenzione da parte degli studiosi, ossia il tema delle radici italiane della
Querelle
, un oggetto di ricerca sollevato da Marc Fumaroli e che ci pare trascen-
da la linea Beni > Rapin > d’Aubignac, per coinvolgere un dialogo intercultura-
le italo-francese intensamente sviluppatosi almeno fra gli anni ottanta del
Cinquecento e la prima metà dell’Ottocento. Così come le polemiche intorno
alla
Poetica
di Aristotele ed al primato di Tasso su Ariosto si intrecciano e mani-
festano apertamente un carattere pretestuoso ed altamente autoreferenziale,
fino a travalicare i confini degli oggetti discussi ed a proporsi via via sempre più
esplicitamente come dibattiti sull’ufficio della letteratura nel tempo della mo-
dernità; allo stesso modo la polemica sul valore di questo o quel poeta antico, o
sulla preminenza degli autori antichi sui moderni, si trasforma a poco a poco,
ma soprattutto nel primo decennio del Settecento, in una guerra a tutto campo.
Si tratta di un conflitto senza quartiere fra la
ratio studiorum antiqua
e la nuova
methodus
che si andava imponendo in risposta ad impulsi culturali eterogenei,
da Bacon a Descartes a Galilei, ma anche in vista dei nuovi ambiti di organizza-
zione accademica e delle esigenze economiche, giuridiche, in ultima analisi poli-
tiche, avanzate dai nuovi ceti emergenti. La «genesi del metodo del Lachmann»,
ad esempio, è uno degli aspetti di tale quadro più vasto, rispondendo ad un
tempo al confluire di istanze razionalistiche e storicistiche: è per questa ragione
che il ruolo di Vico, lungo questa vicenda, non è affatto isolato, sol che si voglia
ricordare che colui che nel 1730 avrebbe dettato la
Discoverta del vero Omero
(terzo libro dei
Principi di Scienza nuova
nella seconda edizione), aveva diffuso
nel 1709 un
De nostri temporis studiorum ratione
, e nel 1720-22 un
Diritto uni-
versale
in cui
Nova scientia tentatur
, e questa «nuova scienza» era proprio la filo-
logia in un’accezione non lontana da quella di Jean Le Clerc (su questi aspetti
Ferreri redige un importante paragrafo, pp. 178-180, ricordando le
Divagazioni
omeriche
di Nicolini, 1919; lo studio di Simonsuuri del 1979 sull’epica greca nel
Settecento e le pagine di Gustavo Costa e Giovanni Cerri).
Di grande interesse nel percorso critico di Ferreri è la ricostruzione della
singolare vicenda editoriale delle
Conjectures
di d’Aubignac, condotta sulla scia
RECENSIONI
181