dell’introduzione di V. Magnien all’edizione 1925 delle
Conjectures
. Appare
significativo che l’opera non ricevette grandi attenzioni, pur apparendo nel
momento più intenso del dibattito omerico in seno alla
Querelle des anciennes
et des moderns
: un silenzio non giustificato dalle sole peripezie editoriali postu-
me, ma certo anche dalle tesi sconcertanti dell’abate, una posizione difforme e
imbarazzante sia per i fautori degli antichi che per i difensori dei moderni
(Ferreri, pp. 139-45). Note ancor prima della pubblicazione – per es. da Baillet,
Perrault e Bernard de la Monnoye – le argomentazioni di d’Aubignac furono in
genere bollate come un «paradoxe», e perfino Perrault, che sembrò accoglier-
le nei
Parallèles
, spostò però il fuoco dell’attenzione sulla scarsa «bontà della
favola» omerica, piuttosto che sull’inesistenza dell’autore. Decisamente a sfavo-
re dell’ipotesi di d’Aubignac si pronunciò poi Le Clerc nei
Parrhasiana
del 1699
(F
ERRERI
, pp. 136-138 e 145-147).
Opportunamente lo studioso precisa che il problema al centro della ri-
flessione in d’Aubignac è la
persona
Omero, non la genesi orale dei poemi:
d’Aubignac crede che i poemi siano stati sì a lungo trasmessi oralmente (notizia
di Giuseppe Flavio), ma questo proverebbe che sono appunto frutto collettivo
dell’opera di numerosi cantori, trasmessi per molto tempo in forma sbocconcel-
lata e più tardi, più o meno ordinatamente, ricuciti. Ferreri si sofferma sul seve-
ro giudizio formulato da Fausto Nicolini intorno alle
Conjectures
: al di là delle
motivazioni psicologistiche (D’Aubignac sarebbe stato un mediocre letterato
senza fama, animato dal desiderio di suscitare scandalo con una tesi paradossa-
le, in linea però con la moda antiomerica allora in voga), Nicolini individua la
natura impressionistica e antologica delle
Conjectures
, che raccolgono in ma-
niera disorganica eterogenei materiali dall’antiomerismo cinque-seicentesco,
relativi alla inefficacia poetica dell’
Iliade
e dell’
Odissea
, per sostenere in manie-
ra ‘pretestuosa’ la non-esistenza di Omero (ivi, pp. 152-156).
Al versante più strettamente ecdotico della vicenda si ascrive l’attività di
Bentley che nel 1713, grazie ad una sensibilità linguistica e conoscenza metri-
ca di gran lunga all’avanguardia nel suo tempo, sostenne l’esigenza di ripristi-
nare il digamma nei poemi omerici, facendo così compiere un decisivo salto
all’indietro al testo dell’
Iliade
e dell’
Odissea
, rispetto a quello documentato dai
bibliotecari alessandrini: naturalmente il ripristino sistematico del digamma
non è utile né necessario, attestato che dai poemi omerici esso non solo è
scomparso, ma spesso è caduto senza lasciare traccia. E tuttavia le riflessioni
sul testo dei poemi suscitate dall’intuizione di Bentley – se produssero esage-
razioni come quella dell’edizione Knight, allorché il restauro del digamma era
diventato ormai un’ossessione, e nella quale il titolo dei poemi omerici suona-
va FilFiaç kai; Fodusseia (un episodio che riguardò direttamente l’attività let-
RECENSIONI
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