teraria di Foscolo in Gran Bretagna) – non mancarono di rilanciare indagini
storiche e linguistiche.
Veniamo ora ai due paragrafi dedicati da Ferreri alla teoria omerica di Vico
(pp. 188-199). Ferreri sottolinea una discrepanza tra la redazione della
Scienza
nuova
1730 e la redazione 1744, anche se la sua argomentazione risulta qui
poco chiara, perché egli fa comunque riferimento alla divisione in paragrafi
operata da Nicolini, il quale non riteneva l’edizione 1730 dotata di vera e pro-
pria autonomia, al punto da ridurla indebitamente a complesso di varianti
rispetto all’edizione 1744 (su questo, dopo l’edizione critica della
Scienza nuova
1730 dovuta a Paolo Cristofolini con Manuela Sanna, mi sono soffermato in
«Belfagor» del novembre 2005). Rimettiamo in ordine il ragguaglio di Ferreri.
Nel terzo libro della
Scienza nuova
1744, sezione I, cap. VI (
Pruove filologiche
per la discoverta del vero Omero
), pruova XVI (= § 855 Nicolini), Vico scrive:
Ma i Pisistratidi furono cacciati da Atene pochi anni innanzi che lo furon i
Tarquini da Roma: talché, ponendosi Omero a’ tempi di Numa, come abbia-
mo sopra pruovato, pur dovette correre lunga età appresso ch’i rapsodi aves-
sero seguitato a conservar a memoria i di lui poemi. La qual tradizione toglie
affatto il credito all’altra di Aristarco ch’ a’ tempi de’ Pisistratidi avesse fatto
cotal ripurga, divisione ed ordinamento de’ poemi d’Omero, perché ciò non
si poté fare senza la scrittura volgare, e sì da indi in poi non vi era bisogno più
de’ rapsodi che cantassero per parti ed a mente (ed. Battistini, vol. I, pp. 835-
836).
Dunque nel quadro vichiano l’attività dei rapsodi è contenuta nei 210 anni
che intercorrono, secondo la cronologia della
Scienza nuova
, tra il regno di
Numa (età di Omero) e la cacciata di Tarquinii e Pisistratidi. Nicolini – prose-
gue Ferreri – rilevava che Vico aveva tratto ogni debita conclusione da questo
assetto cronologico all’altezza della
Scienza nuova
1730 e aveva lì affermato che
«solo ai tempi di Aristarco si sarebbe imposta presso i Greci la scrittura alfa-
betica e che prima di allora i poemi sarebbero stati diffusi solo oralmente [e a
tal proposito Ferreri si riferisce al § 1115 Nicolini]. Nella terza edizione
[1744] il capoverso [1115] venne rifiutato e l’introduzione dell’alfabeto venne
per conseguenza spostata in un’epoca più remota» (F
ERRERI
, p. 190).
Il cosiddetto § 1115 Nicolini sarebbe uno di quei «Brani delle redazioni del
1730, 1731 e 1733 circa, soppressi o sostanzialmente mutati nella redazione
definitiva» (così si esprimeva Nicolini, riducendo la
Scienza nuova
1730 a
varia
lectio
rispetto alla
Scienza nuova
1744): corre l’obbligo di andare a vedere non
solo cosa contenga questo § 1115, ma anche dove si trovasse davvero nella
Scienza nuova
1730.
RECENSIONI
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