ENRICONUZZO
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leo-Vico, con il secondo che ‘completa’ il primo, teneva assieme e nello
stesso tempo allontanava i due autori. Non senza, forse, un qualche
tratto di paradossalità. Ché, rispetto a Galileo ‘geneticamente’ riacco-
stato (beninteso con inoppugnabili ragioni di tipo ‘filologico’) a certo
neoplatonismo rinascimentale, il Vico che si oppone alla sua «ingenua»
ontologia, «una sorta di ontologia pitagorico-platonico-timaica»
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(sal-
vando il senso costruttivistico dei saperi formali del mondo geometrico-
matematico) alla fine risulta su questo terreno molto più ‘avanzato’
(‘consapevolmente avanzato’…) di grandi protagonisti della filosofia e
scienza moderna. Sia pure con il ‘contenimento’ di una simile veduta
per via, sul terreno conquistato della scienza del mondo delle nazioni,
dell’additato fondamento provvidenziale di questo: un punto però già
in precedenza risultato in effetti marginale e poi in sostanza lasciato
cadere.
Una tale interpretazione dei rapporti di Vico con i principali ante-
cedenti di pensiero tra umanesimo e scienza moderna, ed in par-
ticolare con il primo, sarebbe stata ribadita proprio da un’analisi più
ravvicinata delle «eredità del pensiero del Rinascimento» nell’opera
del filosofo napoletano: anzi per un verso immettendo ancora più deci-
samente Vico nell’orizzonte del Settecento, anche il più ‘audace’; per
altro verso perfino largamente sottacendo la crucialità del ruolo – as-
sunto nella meditazione vichiana dagli inizi, e mai esaurito – delle
eredità umanistico-rinascimentali nel campo civile-retorico-pedagogi-
co. Un sottacere per certi aspetti singolare, e che fa risaltare quanto il
tracciato ermeneutico seguito da Garin divergesse da quello intrapre-
so, pur con significative differenze, da Ernesto Grassi e Karl Otto
Apel, nel segno della costitutiva appartenenza del pensatore italiano al-
la ‘tradizione latina’, alla tradizione dell’umanesimo linguistico e civile.
È un tema sul quale bisognerà tornare tra poco nell’esaminare an-
cora gli scritti gariniani in materia di studi vichiani negli anni ’70. Al-
cuni di questi si sono già incontrati, e la loro collocazione – nella col-
lana dei quaderni di «Studi vichiani» e nel «Bollettino del centro di
studi vichiani» – già dice come gli interessi del maestro degli studi
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I
D
.,
Ancora sul «verum-factum» prima di Vico
, in questo «Bollettino» II (1972),
p. 61. Per la definizione di «ingenua» della «ontologia pitagorico-platonica su cui
Galileo aveva fondato non tanto la sua scienza, quanto la giustificazione della scienza
fisica», si veda la lunga nota redatta di lì a qualche anno:
A proposito di Vico e Hobbes
,
in questo «Bollettino» VIII (1978), pp. 105-109, le parole citate a p. 109.
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