cìpi delle scienze riposte ritruovati dentro le favole omeriche’. Desta naturale
meraviglia che non Vico, ma alcuni ingegnosi lettori abbiano tratto conclusio-
ni relative alla figura di Omero: un’aporia che Perrotta ha cercato in effetti di
spiegare suggerendo un Vico dapprima critico analitico del testo omerico
(all’epoca del
De constantia
), quindi filologo sintetico nella prima
Scienza
ed
infine tornato su posizioni analitiche e perfino alla negazione della personalità
di Omero nel 1730 e 1744. Ma, a ben vedere, Vico non solo non nega la figu-
ra del poeta greco, ma la sua attenzione è rivolta piuttosto ad altro.
«Senza punto noi averloci eletto o proposto»: il fine primario della
Scienza
nuova
non è di costruire un trattato di estetica, né di risolvere questioni lette-
rarie
à la page
. Ma ancor più importante: «né con tal metodo col quale ora que-
sta Scienza si è ragionata»; l’espunzione del riferimento alla «copia affollata di
prove», nel passaggio dall’edizione 1730 a quella del 1744, è significativa. Non
è questione di quantità o qualità delle prove, ma di metodo d’indagine; cioè,
ancora una volta, in discussione è il «criterio di verità» (ossia la filosofia che
giudica la filologia, come Vico afferma assiomaticamente fin dall’inizio).
Ma cosa sospettarono questi ingegnosi lettori della prima
Scienza nuova
?
«Che Omero finor creduto non fusse vero», o ancor più chiaramente con l’ar-
ticolo determinativo della versione 1730: «l’Omero finor creduto non fusse
vero». Vico non nega qui esistenza e personalità al poeta dell’Iliade (e solo
altrove si pone il problema dell’attribuzione dei due poemi maggiori ad uno
stesso autore), afferma solo che quell’Omero, con i caratteri che tradizional-
mente gli sono stati fino ad allora attribuiti – nell’antichità con le
Vite
, e poi in
età moderna dai dotti –, non è verace, è un falso, una costruzione artificiale
(storicamente motivata). Dunque è esistito un Omero, ma non quello «finor
creduto». Proseguendo nella lettura, altri elementi concorrono a sottolineare
questa posizione.
L’impiego del verbo «strascinare», insieme ai sospetti, evidentemente
manifestati al Vico, dagli «acutissimi» lettori della prima
Scienza nuova
con-
corsero, nell’interpretazione che del § 873 offre il Nicolini, a sottendere una
sorta di disagio psicologico del filosofo di fronte alla questione omerica. E il
Perrotta ha giuste ragioni di censurare questa deminutio del metodo vichiano.
Certo, Vico afferma che non essendosi egli proposto come fine quello di un’in-
dagine sul poeta greco, ed avendogli invece suggerito alcuni dotti amici che
egli aveva, in verità, posto le basi per una nuova interpretazione della teoria
omerica, ecco che, giunto alle redazioni del 1730 e poi del 1744 della
Scienza
nuova
, egli si propone di offrire in maniera più organica un’esemplificazione
del suo metodo critico, applicato a una questione letteraria di primario inte-
resse. Ma l’obbiettivo di Vico resta un problema di metodo scientifico (e
RECENSIONI
186