meglio diremo storiografico), non l’analisi estetica dei poemi omerici, se non
come esempio dei risultati perseguibili in virtù del suo metodo. Ecco dunque
che vengono a porsi su piani nettamente distinti, se non antitetici, i «sospetti»
degli uomini d’ingegno rispetto alla teoria organica che Vico viene «strascina-
to» ad affermare.
Dunque il percorso dalle osservazioni omeriche anteriori al 1725 fino al
terzo libro dell’ultima
Scienza nuova
si configura come esemplificazione meto-
dologica applicata del sistema vichiano, e in questa chiave possono essere spie-
gate le oscillazioni presenti nell’esposizione, non come occasionali errori o ina-
deguatezze dell’impianto filologico, ma come testimonianze di un’indagine nel
suo lento progresso.
E così Vico prosegue, i critici più avveduti negano che la guerra di Troia
abbia mai avuto luogo, e parimenti negherebbero l’esistenza di Omero, date le
innumerevoli aporie intorno alla sua figura presenti nella tradizione, se non vi
fossero testimonianze più che solide, «certi grandi vestigi rimasti». Nel 1730 il
periodo si chiudeva così: Vico non specificava ciò che doveva sembrargli chia-
ro, e cioè che i principali «vestigi» che si oppongono ad una negazione di
Omero sono «i di lui poemi». Aver integrato quest’inciso nelle
Correzioni,
Miglioramenti e Aggiunte
che conducono all’edizione 1744 è un segnale del-
l’attenzione filologica ai testi, come documenti primari relativi alle condizioni
della produzione letteraria, è un richiamo alla severa puntualità filologica,
tanto più necessario occupandosi di Omero, relativamente al quale le testimo-
nianze biografiche esterne ai poemi risultano così inaffidabili.
Ebbene, se non esistessero i poemi si potrebbe riparare alle difficoltà susci-
tate dall’ «Omero finor creduto», col dire che «Omero fusse stato [finto] un
poeta d’idea»: la parola «finto», presente nel 1730 e poi caduta, è ancora un
indizio importante. Se leggiamo il testo del 1744 Vico sembra affermare che la
negazione della personalità di Omero, al pari della riduzione al rango ideolo-
gico di categoria storica attuato, ad esempio, per i sette re di Roma, potrebbe
risolvere le «difficoltà», ma restano i «poemi» e dunque «sembrano farci cotal
forza d’affermarlo [scilicet d’affermare che «Omero fusse stato poeta d’idea»
e non già – come legge Perrotta – di «affermare Omero per la metà», cioè di
affermarne un’esistenza dimidiata] per la metà». Vico ha attuato una semplifi-
cazione rispetto alla versione del 1730: infatti se leggiamo «fusse stato finto»,
dobbiamo pensare ad una severa critica mossa dal filosofo napoletano alla tra-
dizione degli studi omerici: di fronte alle innumerevoli aporie che l’Omero
personaggio storico presenta, «si direbbe che […] fusse stato finto [
scilicet
fosse stato artatamente costituito come] un poeta d’idea». Questo è un rove-
sciamento della usuale concezione relativa al pensiero omerico vichiano: non
RECENSIONI
187