ogni partecipazione, laddove una classe
dirigente deve costruire il sapere politico
insieme ai propri cittadini. Dopo aver
scandito cronologicamente le fasi impor-
tanti della vita di Vico, Gangemi ne esa-
mina i «punti di continuità e discontinui-
tà». Risultano tuttavia inesatti i riferimen-
ti cronologici ai punti 6 e 7, dove, rispet-
tivamente, leggiamo che Vico «Nel 1720
pubblica i tre volumi del
Diritto universa-
le
» e «Nel 1721 pubblica un manifesto di
un’opera che chiama
Sinopsi del Diritto
universale
e i primi due libri di quest’ope-
ra:
De uno universi juris principio et fine
uno
[…] e
De constantia jurisprudentiae
[sic]». In realtà il «manifesto» che antici-
pa lo stesso
Diritto universale
viene fatto
stampare nel luglio 1720, mentre il primo
tomo dell’opera [il
De uno
] vede la luce
nel settembre dello stesso anno. Invece,
nel 1721 uscirà il secondo tomo, cioè il
De constantia iurisprudentis
).
In particolare, tra le ‘discontinuità’,
l’A sottolinea quella che separerebbe le
prime sei
Orazioni inaugurali
e il
De ratio-
ne
, mostrando il progressivo spostamento
di Vico verso la costruzione di una ‘dot-
trina civile’, che lo avrebbe danneggiato
nella sua carriera accademica in quanto
malvisto dall’autorità austriaca (che
governerà a Napoli per ventisette anni).
Inoltre, per la stessa ultima
Orazione
,
Vico avrebbe subito critiche di natura
filosofico-teologica, e forse, secondo l’A.,
la pubblicazione del
De antiquissima
era
la risposta a queste critiche. L’ipotesi di
Gangemi è quella di un’eccessiva propen-
sione di Vico verso Hobbes (il tema del
verum-factum
) nella controversia di que-
st’ultimo con Robert Boyle sullo speri-
mentalismo scientifico. La natura del
dibattito finiva infatti per investire il deli-
cato rapporto tra religione e politica e in
questo senso la richiesta di Doria perché
Vico producesse uno scritto chiarificato-
re sarebbe all’origine del
De antiquissima
;
assolto questo compito, Vico si sarebbe
dedicato alla sua riflessione sul diritto.
L’A., a partire da queste considerazioni, si
mostra critico verso il volume
Vico.
Metafisica e metodo
(Milano, Bompiani,
2008), che presenta il
De ratione
e il
De
antiquissima
in traduzione italiana con
testo latino a fronte, accompagnate da
saggi di Massimo Cacciari e dei suoi allie-
vi Fraschilli, Greco e Murari. «Non c’è
nei saggi di questo volume, e soprattutto
non c’è nel saggio di Cacciari, una com-
prensione del
verum ipsum
factum di
Vico. Questo impedisce, di fatto, di com-
prendere l’intera opera di Vico. Questa
mancata comprensione si muove nel
solco della tradizionale sottovalutazione
storica e filosofica di Vico […] Questa
sottovalutazione inibisce, ancora oggi, la
possibilità di connettersi al pensiero di
Max Weber e a quello dei pragmatisti,
con la conseguenza di restare, inevitabil-
mente, al di sotto delle consapevolezze
della moderna filosofia e scienza politica
americana. Le conseguenze che ne deri-
vano, sul piano filosofico, ma soprattutto
sul piano politico (in particolare per
quanti si definiscono federalisti e auspi-
cano una riforma federalista per l’Italia),
sono particolarmente fuorvianti».
[A. S.]
9. G
ARCÍA
Dora E. M.,
Gadamer y la
conciencia histórica. La callada herencia vi-
quiana
, in
El legado de Gadamer
, a cura di
J. J. Acero et al., Granada, Editorial Uni-
versidad de Granada, 2004, pp. 293-318.
Nell’analizzare il concetto di coscien-
za storica in Gadamer, considerato come
elemento ermeneutico essenziale, l’A.
indica tra gli aspetti di riferimento a Vico
nell’opera gadameriana l’apertura a una
razionalità più ampia per il richiamo
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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