ridefinendo le posizioni patrimoniali sog-
gettive secondo parametri di giustizia.
Non solo, la parte dell’analisi più interes-
sata a Vico e al vichismo meridionale è
quella in cui l’ammirazione del filosofo
della
Scienza nuova
non fa velo all’indaga-
to dibattito illuministico animato anche
dai filosofi meridionali (da Galanti a
Filangieri) in cui la posizione del Pagano
si distingue per la critica assai ferma della
«monarchia feudale»: un’associazione,
questa, di termini che non trova riscontro
nella ricostruzione vichiana, attenta alla
storia delle «repubbliche» aristocratico-
feudali. Il significato attribuito al «lavoro»
e al «bisogno» (pp. 244 sgg.), in quanto
motivi di legittima appropriazione privata
(che hanno origine nell’opera di Vico e
sono molto presenti nel vichismo meridio-
nale, da Genovesi a Cuoco), consentono
all’autore dei
Saggi politici
di radicalizzare
la lotta contro le grandi concentrazioni
proprietarie della nuova realtà feudale del
Regno di Napoli: «Ed è questa polemica
ad avere la priorità nella prospettiva poli-
tica di Pagano (e in generale degli illumi-
nisti meridionali): […] il claudicante
eclettismo teorico di Pagano trova quindi
una spiegazione nelle finalità pratiche che
dominavano la sua riflessione sulla socie-
tà: le diverse e contraddittorie dottrine
sociali ed economiche presenti nei
Saggi
vanno dunque considerate in rapporto
alla concreta funzione politica che ebbe-
ro nella situazione storica della Napoli
del tardo Settecento» (p. 249).
[F. L.]
12. L
OMONACO
Fabrizio,
Dopo e con-
tro Machiavelli: brevi riflessioni su
Gravina e il Vico del
Diritto universale, in
Dopo Machiavelli/Aprés Machiavel
, a
cura di L. Bianchi e A. Postigliola, Na-
poli, Liguori, 2008, pp. 201-227.
Consapevole della complessità dei
rimandi tematici dei riferimenti diretti ed
impliciti a Machiavelli e al machiavelli-
smo presenti nelle opere di Gravina e
Vico, l’A. si sofferma sugli aspetti più
direttamente collegati al discorso politico
e filosofico del giurista calabrese e del
filosofo napoletano, considerati alla luce
delle meditazioni degli intellettuali napo-
letani interessati tra Sei e Settecento «alle
possibili trasformazioni del modello di
Stato nei modi di un assolutismo illumi-
nato e finanche in quelli dai toni più
esplicitamente filorepubblicani (pp. 209-
210). Così, se l’educazione classico-uma-
nistica sollecita in Gravina «l’originale
convergenza con S. Agostino e Plotino,
alleati di Platone, il filosofo ‘metafisico’ e
teorico delle leggi della vita civile, in
netto contrasto con il pessimismo antro-
pologico e il realismo politico di tradizio-
ne machiavellica» (pp. 202-203), dall’al-
tro l’attenzione per la storicità della for-
me del vivere associato e delle sue trasfor-
mazione non esclude la necessità natura-
le, ritrovata nell’immutabile natura uma-
na fondante l’
ordo
della «prospettata in-
tegrazione di mondo storico e legalità
naturale, qualificando in senso
ciclico
il
divenire dell’uomo in una continua alter-
nanza di
progressi
e
regressi
, corrispon-
dente alla fatale e periodica corruzione
delle forme di governo: dal principato
all’aristocrazia, dall’aristocrazia, poi oli-
garchia, alla democrazia e da questa nuo-
vamente al principato» (pp. 203-204). Per
contrastare la tesi di Machiavelli sulla
decadenza della grandezza romana dopo
la fine della repubblica, Gravina concen-
tra il suo lavoro storiografico sull’indagine
del passaggio dalla
respublica
al principa-
to, che, a differenza di quanto sosteneva il
Segretario fiorentino, non ha modificato
l’assetto politico raggiunto nell’età repub-
blicana. Tematiche riprese nelle
Tragedie
che però «riflettono un complesso mo-
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