ENRICONUZZO
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celebre capitolo della
Storia della letteratura italiana
. «Non felice
storico del Rinascimento, De Sanctis non fu felice storico di Vico», af-
ferma Garin (con un giudizio nella sostanza giusto, ma che nella sua
necessaria sinteticità lasciava cadere qualcosa della ‘tensione’ della po-
sizione desanctisiana
65
). E così ne aveva disconosciuto le effettive
ascendenze umanistico-rinascimentali: riportando erroneamente la me-
tafisica vichiana a quella di Ficino
66
; e invece sfuggendogli «i grandi te-
mi della battaglia teorica condotta secoli prima dagli Umanisti quattro-
centeschi» poi riemersi nel Settecento
67
.
È da osservare però che Garin non prolungava in sostanza tali indi-
cazioni in una qualche più ravvicinata disamina dell’effettivo operare
di tali temi nella meditazione vichiana, e puntava piuttosto, ancora una
volta, a individuare nella crisi epistemologica maturata nel secondo
Seicento (e trasmessa al nuovo secolo), rispetto tanto alla fisica-mate-
matica di matrice galileiana che alla fisica-geometrica di matrice carte-
siana, il luogo problematico entro il quale Vico, con piena consapevo-
lezza, collocandosi «in pieno dentro il gran dibattito del secolo» avan-
zava le sue proposte teoriche
68
. Andavano perciò confutati «il preteso
65
Per qualche considerazione sull’argomento rimando ancora ad un mio scritto: E.
N
UZZO
,
Il ‘giovane’ Croce e l’Illuminismo. La formazione del giudizio crociano sull’Illu-
minismo
, estratto dagli «Atti dell’Accademia Pontaniana» XX (1971), specie p. 43.
66
Vico e l’eredità…
, cit
.
, p. 71. Negli stessi anni, rifiutando di trovare improbabili
affinità di Vico con ‘grandi filosofi’ del Rinascimento, Garin sottolineava l’opposizione
assoluta di quegli a modelli rinascimentali di matematica, scienza della natura, quali
quello cusaniano, considerati da qualche interprete a lui filosoficamente più vicini. A
fronte di interpretazioni azzardate, andava dichiarata «la lontananza abissale fra il
modo di concepire la matematica del Cusano e quella del Vico, fra il modo di cono-
scere le scienze della natura del Cusano e quello del Vico» (I
D
.,
Vico e Cusano
, in
questo «Bollettino» VII, 1977, p. 140).
67
Cioè, «la loro ‘filologia’; il discorso sulle ‘favole antiche’ e sulla poesia che do-
veva raggiungere, per altro verso, anche Gravina; la riflessione sulle lingue e sulla im-
maginazione, sui costumi dei vari popoli e sulla vita civile: i temi, insomma, che bana-
lizzati nel Cinquecento, e messi da parte o collocati in altra prospettiva nel Seicento,
riemergeranno con forza nuova nel Settecento […]. Lo studio che del Rinascimento
fece il Settecento, nei campi più diversi, ha veramente il sapore di una scoperta» (
Vico
e l’eredità…
, cit
.
, pp. 69-71).
68
Ivi, p. 74. «Vico è ormai perfettamente consapevole di una insanabile divarica-
zione tra la fisica costruita con la mente del ‘gran Geometra’» (come egli aveva defini-
to Galileo nel 1711, rispondendo alle critiche mosse al
De antiquissima
) e «la concre-
tezza dell’esperienza» (ivi, p. 72). Addirittura – sostiene Garin (ed è davvero difficile