opera del filosofo napoletano (solo que-
sto di per sé richiederebbe un volume
ponderoso), e i cui elementi di collega-
mento difficilmente si lasciano raccoglie-
re con tutta la loro densità in un lavoro
con le caratteristiche e le dimensioni di
quello presente.
Eccessivamente ambiziosa appare,
d’altra parte, una sintesi finale che vuole
riassumere in quattro pagine gli apporti
vichiani alla Filosofia della Storia e alla
Filosofia del Diritto (cfr. pp. 111-115).
Nell’attribuire a Vico la distinzione
tra scienze della natura e scienze dell’uo-
mo, l’A. approfondisce il tema della
‘Storia ideale eterna’ in relazione alla
Provvidenza che – ricorrendo all’analogia
con la ‘Mano invisibile’ di A. Smith – si
dispiega nei
ricorsi
. A partire da questo
vengono estratti degli elementi la cui ana-
litica «no puede pasar desapercibida a los
ojos de un jurista», e che con intelligenza
l’A. mette in relazione presentandoli nel
suo lavoro. In tal modo viene sottolineato
– come all’epoca prospettava con origina-
lità José Ferrater Mora nella sua metafora
del ‘ricorso’ giuridico in
Cuatro visiones
de la Historia Universal
– che il ‘ricorso’
storico della ‘storia ideale eterna’ viene
ad indicare «recurso jurisdiccional, reno-
vación de un procedimiento jurisdiccio-
nal ante una instancia de apelación», per
concludere che per questo motivo, ciò
che era stato sostenuto in precedenza
«acrecienta su valor en la terminología
del insigne filósofo, historiográfico y juri-
sta» (p. 56).
Al di là di questi specifici aspetti
approfonditi dall’A. è necessario sottoli-
neare l’importanza concettuale e metodo-
logica dell’elemento
giuridico
in relazione
all’intera produzione filosofica, storiogra-
fica e filologica vichiana: tra l’altro viene
utilizzato per questo l’immagine autobio-
grafica di un Vico che insegue il suo desi-
derio di ottenere la cattedra di
Giurisprudenza (la più importante nella
Napoli del suo tempo). Nel contesto
delle tematiche giuridiche, Lopez Bravo
mostra nel modo più efficace la sua cono-
scenza del pensiero di Vico, tuttavia sem-
pre con riferimento alle interpretazioni
storiografiche confrontate nel corso del
suo lavoro.
[M. A. P. P.]
15. M
ALI
Joseph,
Vico und das Erbe
der Gegenaufklärung
, in «Zeitschrift für
Ideengeschichte» I (2007) 4, pp. 38-58.
In questo interessantissimo saggio si
esamina la lettura stimolante che Isaiah
Berlin ha dato della filosofia vichiana,
intesa come uno dei momenti significati-
vi di quella tradizione anti-illuministica
che il filosofo inglese, di origine lettone,
vede espressa, oltre che nel grande pensa-
tore napoletano, anche in Herder,
Hamann e de Maistre. «Come oppositori
dell’illuminismo francese», scrive l’A.,
questi filosofi, contro il razionalismo ten-
denzialmente «monistico», «dogmatico»
e «deterministico», «valorizzavano le tra-
dizioni storiche della loro e di tutte le
altre comunità» (p. 39), facendosi così
«propugnatori di una forma di ‘plurali-
smo’ morale e culturale» (p. 40), di «libe-
ralismo» e addirittura di «multiculturali-
smo»
ante litteram
(p. 39). Naturalmente
Berlin, spiega l’A., non vuole con questo
rinnegare la propria convinta simpatia
per intellettuali come Voltaire, Diderot,
d’Alembert, Rousseau e Condorcet, che
combatterono la «superstizione» e
l’«ignoranza», ma solo ribadire che da
quegli ‘altri’ pensatori «ha molto impara-
to» (p. 41).
Nel caso di Vico, bisogna dire che, fra
i grandi meriti che Berlin gli riconosce,
c’è quello di aver allargato il campo del-
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