l’indagine dalla
storia delle idee
(rigorosa-
mente circoscritta a quelle cartesiane
chiare e distinte) alla
storia della cultura
,
aperta anche a contenuti extrarazionali:
alla considerazione delle immagini, dei
miti, dei riti, quali espressioni adeguate
della mente umana in una determinata
fase del suo sviluppo. Berlin osserva,
infatti, come per Vico «vivere con giusti-
zia» ed in «società» sia per l’uomo non il
frutto di un «calcolo razionale e di obbli-
ghi contrattuali, ma di sentimenti profon-
di, di un’immaginazione creatrice e di
tradizioni mitiche nelle quali gli uomini
credono e vivono» (p. 46). Proprio il
richiamo vichiano alle prerazionali capa-
cità mitopoietiche dei ‘primi uomini’,
quali facoltà fondatrici (perché creatrici)
del mondo storico-sociale, consente di
affermare che in esso vige un «diritto
naturale» non scaturito dalla «ragione»,
ma «dall’utile e dalla potenza» (pp. 51-
52). È appunto in questa maniera tutta
vichiana di interpretare le origini della
società e dei suoi istituti, che Berlin ravvi-
sa un’«ideologia conservatrice», ma
anche un «importante metodo innovati-
vo» (p. 52) rispetto all’approccio contrat-
tualistico, assolutamente immemore que-
st’ultimo di quei «fatti sociologici e psico-
logici, come il perdurare del passato nel
presente, l’influsso della tradizione, le
consuetudini ereditate», che, invece,
entrano di peso nella costituzione della
società umana (
ibid
.).
L’appello continuo di Vico a funzioni
psichiche e dimensioni antropologiche
che denunciano la ‘differenza’ fra gli
uomini, piuttosto che enunciarne una tra-
sognata omologazione, fanno di quella
storica una realtà fortemente segnata
dalla «pluralità delle culture»; una plura-
lità al di sotto della quale, però, l’autore
della
Scienza nuova
non rinuncia a ricer-
care un fondo di comunanza, ritrovando-
lo nel ‘vocabolario mentale’, nel ‘senso
comune’, nella ricorrenza transculturale
degli istituti civili (religione, matrimoni e
sepolture). La constatazione dell’esisten-
za di questa struttura profonda condivisa
ci mette in condizione di tracciare una
linea di demarcazione, un confine morale
che pone un limite alla deriva valoriale
del ‘cattivo’ relativismo (cfr. pp. 57-58).
In base ad essa possiamo, infatti, distin-
guere fra ciò che appartiene all’‘umano’ –
con le sue varie, avvincenti ed attraenti
declinazioni poliprospettiche – e ciò che,
traendosi «fuori da tutta l’umanità»
(
Sn44
, § 360), sprofonda nell’abisso
dell’‘inumano’, dove la ‘diversità’ dice
solo il moltiplicarsi patologico della per-
versione.
[R. D.]
16. M
ALUSA
Luciano,
L’enciclope-
dismo nell’interpretazione di Georg
Daniel Morhof (la metodologia polistori-
ca)
, in
Enciclopedie ed enciclopedismi nel-
l’età contemporanea
, Atti del seminario di
studi. Cagliari 9-10 ottobre 2007, a cura
di A. M. Loche, Cagliari, CUEC, 2008,
pp. 55-94.
Il saggio è dedicato alla figura e
all’opera di Georg Daniel Morhof (1639-
1691), il «principe dei polistorici del
secolo XVII» (p. 63), professore di
Eloquenza e Poesia a Rostock e poi di
Storia a Kiel, autore di un’opera enciclo-
pedica, intitolata
Polyhistor Literarius,
Philosophicus et Practicus
, in tre tomi, il
primo dei quali – a cura dello stesso
Morhof – fu pubblicato a Lubecca nel
1688; gli altri due tomi uscirono postumi,
nel 1708, a cura degli allievi dell’erudito.
Dopo aver già «constatata l’assenza
di influssi diretti del
Polyhistor
sulla for-
mazione di Vico» (p. 57), l’A., nel secon-
do paragrafo («Vico e Morhof: un paral-
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