çaises du fascisme
, Paris, Seuil, 1984), a
situare l’origine dell’ideologia fascista
nella Francia dell’Ottocento e nella rea-
zione al pensiero dei Lumi di autori come
Georges Sorel.
Il volume individua ed esamina una
genealogia di pensiero che da Herder e
Burke arriva a Meinecke e a Renan pas-
sando per Maistre, Carlyle e Taine, carat-
terizzata da un antilluminismo inteso non
come antimodernità, bensì come proposi-
zione di «un’altra modernità, basata sul
culto di tutto ciò che distingue e separa gli
uomini – la storia, la cultura, la lingua –»,
ossia di «una cultura politica che nega sia
la capacità sia il diritto della ragione di
plasmare la vita degli uomini» (tr. it., p.
22). L’obiettivo polemico dell’A. sul
piano ideologico e storiografico, nonché
il protagonista assoluto del capitolo fina-
le dedicato agli «antilluministi della guer-
ra fredda» è Isaiah Berlin, che nel rivalu-
tare, nella prospettiva liberale del suo
antilluminismo ‘morbido’, la tradizione
antirazionalista e antiuniversalista di
Herder e di Meinecke non ne avrebbe
avvertito le implicazioni autoritarie.
In questo quadro Vico (letto preva-
lentemente alla luce di Sorel, di Croce e
delle più recenti interpretazioni storio-
grafiche anglosassoni in chiave antimo-
derna) è indicato fin dalla prima pagina
dell’
Introduzione
come il «pioniere», «il
primo anello dell’antirazionalismo, del
culto del particolare e del rifiuto dell’uni-
versale», «il primo a proclamare il rigetto
dei principi del diritto naturale» (p. 13),
sebbene, a causa del suo isolamento,
abbia contribuito piuttosto al consolida-
mento della cultura antilluministica fra
Otto e Novecento che non alla sua fonda-
zione. L’A., dunque, pur riconoscendo la
pluralità delle possibili interpretazioni di
Vico, enfatizza il ruolo attribuito dal filo-
sofo napoletano alla Provvidenza come
motore della ‘storia ideale eterna’, ed evi-
denzia le sue polemiche contro il giusna-
turalismo e le implicazioni antiuniversali-
stiche dei suoi richiami alla determinazio-
ne storica delle società umane, ma trascu-
ra completamente la sua ricerca degli ele-
menti universali, a partire dal linguaggio
e dalle istituzioni, su cui si fondano le
nazioni e le loro storie.
All’interno della polemica, per molti
aspetti criticamente fondata, nei confron-
ti delle troppo semplicistiche filiazioni
delle esperienze totalitarie del Novecento
dal pensiero dei Lumi nonché del mes-
saggio di rassegnazione all’esistente che
promana dalla rivalutazione in chiave
antilluministica delle tradizioni particola-
ri, le forzature riscontrabili nella lettura
di Vico sembrerebbero il segno di
un’equazione, anch’essa troppo rigida,
fra critica ai fondamenti del razionalismo
(quello cartesiano, nel caso di Vico) e col-
locazione nel campo reazionario.
[D. A.]
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