ENRICONUZZO
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avanzata modernità settecentesca – potrebbe essere letto come una fi-
gura in una certa misura erede di un altro ‘autore’ di Garin (al modo
di Garin…), Pico della Mirandola: suo ‘autore’ quando era stato cele-
brato, in pagine bellissime, come il pensatore della supremazia del-
l’uomo in quanto essere senza natura, che fa la sua natura (pur sempre
però entro una cornice ‘macrocosmica’…). O potrebbe essere detto
che nel nome di una comune ispirazione umanistica forse l’autore al
quale allora Giambattista Vico più allora si avvicinava, era Jean-
Jacques Rousseau, l’altro pensatore del Settecento nel torno di anni tra i
’60 e i ’70 più da Garin frequentato, e positivamente valutato: forse
anche con una punta di consentaneità per una figura nella quale un ‘mo-
ralismo’ concettualmente non solitario si intrecciava all’attitudine ad una
condizione umana di moralistico solitario
80
. Tanto che, in un concentra-
to esame dei rapporti tra Vico e Rousseau – un argomento che lo ‘appas-
sionava’ – lo studioso non aveva nascosto di essere ‘tentato’ dall’ipotesi
che quei rapporti potessero essere stati anche di conoscenza diretta di
idee del pensatore napoletano da parte del ginevrino
81
.
Ma quando si entra, pur con il massimo riserbo, nel gioco tra ‘biogra-
fia intima’ e ‘biografia intellettuale’ è necessaria la più alta cautela, come
sembrerebbe confermare più di un luogo della corrispondenza intercor-
80
Di Rousseau Garin sottolineava il carattere intersoggettivo della sua concezione
(che poteva richiamare per qualche aspetto anche su ciò quella di Vico), in una compe-
netrazione, risoluzione circolare, tra morale e politica, per la quale di lui «dicendo col De
Jouvenel che è sempre un moralista si viene a dire, di nuovo, che tutti i suoi scritti sono
anche scritti politici». Si veda – in pagine sostenutamente dense e intense – E. G
ARIN
,
Introduzione
a J.-J. R
OUSSEAU
,
Scritti politici
, tr. it. Bari, 1971, p. XVIII: «Quell’uomo,
che è al centro del suo discorso, si
fa
uomo solo in società». L’uomo non può «più realiz-
zare la propria autonomia ‘morale’ se non nell’unità con gli altri». «Ed è proprio in una
filosofia dell’uomo, e della educazione, e rigenerazione dell’umanità […] è nella sua alta
e vigorosa ispirazione morale, nella sua fede operosa – […] nella sua appassionata visio-
ne d’insieme, che sta l’attualità di Rousseau» (ivi, p. LXI). Peraltro si può in proposito
osservare come Garin sottolineasse elementi ‘arcaici’, ‘fragili’ del pensiero del ginevrino,
più che non facesse e proposito di Vico: cfr. ad es. p. LX.
81
«Eppure, leggendo, si è fortemente tentati di lasciarsi sedurre dalla battuta di
Cassirer, e di supporre qualcosa di più di una convergenza geniale da fonti comuni e su
motivi ormai maturi» (E. G
ARIN
,
A proposito del rapporto tra Vico e Rousseau
, in questo
«Bollettino» II, 1972, p. 62). Per il forte ‘appassionamento’ al tema, in vista della stesura
del suo contributo per il «Bollettino», si veda una missiva dello studioso a Piovani del
1971: «ma nei momenti di tregua non ho smesso di pensare a Vico e Rousseau, che non
so se mi riuscirà di condurre in fondo come vorrei, ma che è argomento che mi appassio-
na sempre di più» (Lettera del 1 dicembre 1971,
AFP
, cart. 6/c).
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