GLI STUDI VICHIANI DI EUGENIO GARIN
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direzione sicuramente «Grassi ha trovato in Vico il suo autore», al-
trettanto sicuramente non ha potuto trovarlo in compagnia di Garin
85
.
Analogamente non si attagliavano a interessi e gusto di Garin
impianto e contenuti della ricerca di Apel: per il quale la tradizione
‘topica’ dello
Sprach-Humanismus
, il cui lascito Vico cominciava a fare
proprio a conclusione della tradizione umanistica, andava letta – anche
qui con debiti pronunciati verso Heidegger – alla luce del suo «aspetto
grandioso e profondamente trascendental-filosofico», del «problema
gnoseologico-teoretico e insieme linguistico filosofico»
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; e per il quale
(
luci
), con cui appare la storia umana, e dall’altro lato egli è interessato al primato della
parola poetica» (ivi, p. 128).
85
Per le parole citate cfr. A.
V
ERRI
,
Introduzione all’edizione italiana
, del cit.
volume
Vico e l’umanesimo
, p. 11. Nel libro si vedano anche le pagine prefattive del
Verene: «Con i suoi lavori sul Rinascimento, Grassi ha mostrato, contro le vedute do-
minanti, che la concezione umanistica della parola poetica e retorica, e della metafora,
contiene un genuino punto di vista filosofico e non semplicemente letterario» (D. P
H
.
V
ERENE
,
Prefazione
, ivi, p. 20).
Da quanto detto con svariati
distinguo
è da assumere la classificazione – la quale
ovviamente assolve al compito di prospettare prime generali indicazioni in una rapi-
dissima e meritoria sintesi bibliografica – secondo la quale, «rispetto all’Umanesimo,
due sono gli indirizzi: quello che lega Vico alla tradizione retorica e ‘civile’ […], ideal-
mente guidato per un verso da E. Garin e per un altro da E. Grassi» […] e l’indirizzo
che sottolinea i debiti dal neoplatonismo» (nel quale, almeno per i nessi con il Cusano,
può essere posto anche Apel): cfr. A.
B
ATTISTINI
, nella
Bibliografia
che chiude
l’edizione di G. V
ICO
,
Opere
, 2 voll., Milano, 1990, vol. II, pp. 1912-1913. Ancora con
diversi
distinguo
si può immettere la voce critica di Garin tra quelle alle quali è appli-
cabile il giudizio che l’«
umanesimo platonico vichiano
» è «ovunque riconosciuto, ma
diversamente connotato» (F. B
OTTURI
,
La sapienza della storia. Giambattista Vico e la
filosofia pratica
, Milano, 1991, p. 21). Si ricordi che Garin era stato in qualche
rapporto di consuetudine con Ernesto Grassi, il quale lo aveva sollecitato a scrivere
Der italienische Humanismus
. Sui lontani rapporti con Grassi cfr.
Mezzo secolo dopo
,
cit., pp. 151-152.
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K.O. A
PEL
,
L’idea di lingua nella tradizione dell’umanesino da Dante a Vico
[
Die
idee der Sprache in der Tradition des Humanismus von Dante bis Vico
, Bonn, 1963], tr. it.
Bologna, 1975, p. 187. Secondo Apel si può riattingere a Vico l’idea di una preriflessiva
«priorità naturale della ‘topica’ nei confronti della ‘logica’ o ‘dialettica’ riflessivo-
formalistica», che «il linguaggio ha sempre consentito agli uomini»: idea compromessa
nell’elaborazione della sua logica da Aristotele allorché passa a sostenere «l’analitica for-
male del procedimento di dimostrazione apodittica in base a premesse ultime (assiomi)»;
e invece riaffiorante nella critica ciceroniana al giudizio logico-formale, nel quadro del-
l’interesse alla dimensione comunicativo-pragmatica del linguaggio proprio del-
l’umanesimo. Ma è chiaro il taglio speculativo del discorso di Apel, l’intenzione di incor-
porare la topica, in una «visuale odierna», «in una ermeneutica trascendentale (esisten-