ENRICONUZZO
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In proposito, nei confronti delle vedute di Paolo Rossi possono es-
sere pure avanzate, come chi scrive ha fatto, talune riserve e ‘contro-
biezioni’ su problemi di metodo (come sui criteri di utilizzabilità della
stessa categoria di autori ‘contemporanei’ ai tempi di Vico) o circa
contenuti determinati (dalle ‘conoscenze’ di Vico ad espressioni di sue
attitudini comparativistiche tra storia sacra e storia profana); o, su un
piano più generale, possono essere sostenute (ma in effetti non ‘con-
tro’ la sua interpretazione) proposte che riguardano l’effettiva ‘attua-
lità’, nel suo tempo, della riflessione dell’autore della
Scienza nuova
:
dal suo inserirsi in un dibattito epistemologico e metodologico sullo
statuto dei saperi del mondo storico che dal secondo Seicento era con-
segnato pressoché integralmente al primo Settecento, alla costituzione
di un inedito disegno di un’integrale ‘storia della civiltà’
94
. Ma mi è
parso di dovere riconoscere la fondatezza di una serie di giudizi –
espressi sulla base di ineccepibili princìpi di metodo (in effetti poi non
distanti da quelli pronunciati da Garin) – circa ‘chiusure’, elementi di
‘arcaicità’ (diverso è il tema dell’‘isolamento’, che richiederebbe un
lungo discorso) del pensiero vichiano: specie per quanto riguarda in-
formazione e consapevolezza dell’enorme rivoluzione intellettuale
messa in essere dalla scienza moderna (pur potendosi affermare che
Vico aveva colto il nocciolo dell’operazione di matematizzazione della
natura da essa compiuta). Elementi di ‘arretratezza’ – Rossi lo ha ripe-
94
Un dibattito segnato innanzitutto dalle teorie cartesiane (e assai poco da impro-
babili influenze dello sperimentalismo galileiano), ma dai tratti tutt’altro che univoci,
anche nel campo che a quelle teorie si rifaceva, in ordine alla conoscenza necessaria o
probabile, o meramente congetturale dei fenomeni storici. Per una discussione delle
tesi di Rossi in ordine alle conoscenze che Vico ebbe di Bayle (un punto fondamentale
del suo dissenso da Garin) debbo rimandare ad un mio testo: E. N
UZZO
,
Vico e Bayle.
Ancora una messa a punto
, in
Pierre Bayle e l’Italia
, a cura di L. Bianchi, Napoli, 1996,
pp. 123-202, poi, rieleborato,
con il titolo
Attorno a Vico e Bayle
.
Tra ordine della
storia e storicità. Saggi sui saperi della storia in Vico
, Roma, 2001, pp. 165-239. Nello
stesso volume sull’inserimento di Vico in un dibattito sulla pluralità dei metodi e sulla
costruzione della scienza del mondo storico, il cui impianto non sarebbe mutato di
molto nel primo Settecento, rimando a scritti culminati in un ‘capitolo’ del volume
appena citato:
La «critica di severa ragione» nella scienza della storia. Vico e l’‘erme-
neutica’ dei tempi favolosi attorno al primo ’700
(pp. 57-108). In tal senso, se Vico
viene ‘comparato’ alla cultura storica primosettecentesca, risulta assai ‘avanzato’, a
cospetto del corrente dibattito sul piano epistemico, anche della successiva ‘storia
congetturale’, e resta più che un antecedente rilevante della ‘teoria stadiale’ della
civiltà maturata nell’illuminismo scozzese del secondo ’700. Ma mi fermo qui.