4. La critica alla nozione di conoscenza chiara e distinta, con le conse-
guenze ch’essa comporta circa la necessità di rivedere le modalità di
costituzione del nostro sapere, s’inscrive, almeno in parte, all’interno
di quella più fondamentale differenza che Vico stabilisce fra il
cogita-
re
dell’uomo (che di per sé non può mai attingere al vero), e il divino
intelligere
:
Sapere […] equivale a disporre gli elementi delle cose; ragion per cui alla
mente umana appartiene specificamente il pensiero [
cogitatio
], a quella divina
l’intelligenza [
intelligentia
]. Perciò Dio raccoglie tutti gli elementi delle cose,
sia quelli intrinseci che quelli estrinseci, perché li contiene e li dispone; poiché
invece la mente umana è limitata e sono poste al di fuori di essa tutte le cose
che non sono la stessa mente, non può mai raccogliere tutti gli elementi, ma è
costretta ad accontentarsi solo di quelli esteriori. Cosicché ad essa è concesso
pensare alle cose, certo non intenderle [
itaut de rebus cogitare quidem possit,
intelligere autem non possit
]; ed è per questo che è partecipe della ragione ma
non ne è padrona
26
.
L’evidenza chiara e distinta («nostra clara, ac distincta mentis
idea»), come ogni forma di umano sapere, è da Vico esplicitamente col-
locata sulla sponda della
cogitatio
:
la mente umana […] è finita e formata e non è in grado di intendere cose inde-
finite e informi, ma di pensarle sì [
indefinita, et informia intelligere non potest,
cogitare quidem potest
]; si potrebbe dire con parole di uso corrente [
quod ver-
nacula lingua diceremus
]: ‘
può andarle raccogliendo, ma non già raccorle tutte’
27
;
«Et ob ipsum», ‘proprio per questo’, prosegue Vico, «distincte
cognoscere humane mentis vitium potius quam virtus est»
28
.
Al
cogito
cartesiano, che mirava a cogliere in un solo atto introspet-
tivo l’unione di pensiero ed essere e a garantire pertanto la possibilità
di una scienza veridica, Vico oppone dunque la propria interpretazio-
ne della
cogitatio
, separata dall’
intelligentia
divina e, da questo punto di
vista, osservata nel suo aspetto schiettamente condizionato.
La riduzione del sapere umano a conoscenza imperfetta, però, fon-
dandosi sulla nozione di
cogitatio
e mettendo le argomentazioni scetti-
GERI CERCHIAI
100
26
Ivi, p. 17.
27
Ivi, p. 79; il testo fra virgolette è in italiano nell’originale.
28
Ivi, p. 78. Cfr. anche
Risp. I
, p. 142 : «’l conoscere chiara e distintamente è vizio
anziché virtù dell’intendimento umano».
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