ma anche e soprattutto con Cartesio, che su questi temi è un importan-
te interlocutore ideale di Vico. Non sono solo diverse concezioni filo-
sofiche a esibirsi e contrapporsi nel confronto ingaggiato dal pensatore
napoletano con quello francese, ma anche due diverse e inconciliabili
modalità del filosofare: una – quella di Cartesio – tutta centrata sul solo
‘lume naturale’ del soggetto pensante, l’altra – quella di Vico – aperta
al confronto produttivo e attualizzante con i saperi del passato come
del presente e pronta a tesaurizzare preziosi reperti concettuali rinve-
nuti nel corso dello scavo semantico di lemmi appartenenti a lingue
remote. Che postulando l’esistenza di un’«antichissima sapienza degli
italici», Vico cedesse alle lusinghe di una consuetudine piuttosto diffu-
sa nei secoli XVI e XVII, e che molte delle sue etimologie fossero a dir
poco azzardate: tutte queste sono obiezioni legittime, che servono a
contestualizzare e a connotare la specificità della sua elaborazione teo-
retica; ma certo non compromettono la natura tipica del filosofare
vichiano, che preferisce ‘trovare’ (o anche ‘immaginare’ di ‘trovare’) i
concetti e i principi in un dialogo costante con altri pensatori e anche
con saperi privi di una paternità eponima (quelli degli italici, appunto),
anziché ‘porli’ a seguito di intuizioni immediate o spontanee partorite
in solitudine da un ingegno geniale deciso a sottrarsi all’apporto altrui
4
.
Il Vico del
De antiquissima
non ha dubbi che Cartesio vada considera-
ROSARIO DIANA
116
4
Su tali questioni, limitatamente al
De ant
., e sulla relativa bibliografia sia consen-
tito rinviare a R. D
IANA
,
Ragione narrativa ed elaborazione dialogica del sapere. L’auto-
biografia di Giambattista Vico e il suo contenuto problematico
, in questo «Bollettino»
XXXIV (2004), in partic. pp. 127-143. Sulla natura finzionale del riferimento all’anti-
ca sapienza italica insistono – come del resto aveva già fatto Giovanni Gentile (cfr. I
D
.,
Studi vichiani
, a cura di V. A. Bellezza, Firenze, 1968
3
, pp. 107 sgg.; cfr. inoltre: la let-
tera a Benvenuto Donati del 10 gennaio 1936, in G. G
ENTILE
, B. D
ONATI
,
Carteggio
1920-1943
, a cura di P. Simoncelli, Firenze, 2002, p. 65; E. P
ACI
,
Ingens Sylva
, a cura di
V. Vitiello, Milano, 1994, p. 61; N. B
ADALONI
,
Introduzione a G. B. Vico
, Milano, 1961,
p. 338. Questa autorevole e plausibile ipotesi di lettura elude, però, la domanda – a cui
qui, come altrove (cfr. R. D
IANA
,
Ragione narrativa ed elaborazione dialogica del sapere.
L’autobiografia di Giambattista Vico e il suo contenuto problematico
, pp. 131 sgg. e nota
56), si è tentato di dare una risposta interna allo stile vichiano del filosofare – sui moti-
vi che spinsero l’autore del
De ant
., nell’atto di fissare i cardini del proprio pensiero, a
ricercare la relazione (reale o immaginaria) con un antichissimo sapere. Per uno sguar-
do ampio e documentatissimo sul ‘mito’ del’antico sapere degli italici cfr. P. C
ASINI
,
L’antica sapienza italica. Cronistoria di un mito
, Bologna, 1998, e R. M
AZZOLA
,
L’antica
sapienza italica
, in I
D
.,
Metafisica, Storia, Erudizione. Saggi su Giambattista Vico
,
Firenze, 2007, pp. 205-220.
1...,106,107,108,109,110,111,112,113,114,115 117,118,119,120,121,122,123,124,125,126,...196