Da quanto abbiamo qui rapidamente esaminato, possiamo conclu-
dere che per Vico tutto ciò che al mondo oltrepassa i confini del
facere
dell’uomo (ad esempio gli oggetti della fisica
19
), gli resta irremissibil-
mente
estraneo
, e, per quanti sforzi possa compiere, la conoscenza che
ne avrà sarà sempre incompleta, densa di nebbie ed oscurità.
3. A questo punto possiamo fissare la nostra attenzione sul depotenzia-
mento del
cogito
realizzato da Vico contro Cartesio.
Abbiamo visto che il principio del
verum-factum
stabilisce il criterio
di verità in generale e di conoscibilità di un oggetto; esso, però, regola
anche l’attribuzione del carattere di scientificità ad un determinato
sapere: se conosco una cosa perché la ‘faccio’, ovvero ne sono la causa
adeguata, il sapere che scaturirà da questo specifico rapporto fra sog-
getto conoscente ed oggetto conosciuto sarà di natura scientifica.
Sicché, per quanto abbiamo osservato poco prima a proposito dell’arit-
metica e della geometria, dobbiamo concludere che «le scienze umane
sono unicamente le matematiche», in quanto esse soltanto «pruovano
dalle cause»
20
; tutti gli altri saperi «sono
notizie non scientifiche
, ma o
certe per via di segni indubbitati, o probabili per forza di buoni razio-
cini, o verosimili per la condotta di conghietture potenti»
21
. A differen-
za dell’uomo, Dio possiede la scienza infinita dell’intero universo, il
«primo vero», vale a dire l’«insieme delle cause, in cui sono contenuti
tutti i generi ossia tutte le forme dalle quali vengono prodotti tutti gli
effetti». Proprio «sulla norma» di questo «primo vero», che è in Dio,
che è Dio, «si devono misurare [
metiri
]», per comparazione riduttrice,
le «verità umane»
22
. Questo approccio, «conforme alla religione cristia-
na, che distingue il vero divino dal vero umano e pone la scienza divi-
na come regola di quella umana e non viceversa», consentiva a Vico con
soddisfazione, perché al riparo da ogni forma di scetticismo e di dog-
matismo, di considerarsi fondatore di «una metafisica degna dell’uma-
na limitatezza [
imbecillitate
], che certo non permette all’uomo di rag-
ROSARIO DIANA
120
cono il vero umano, perché quelle unicamente procedono
a simiglianza
della scienza di
Dio» (
Risp
.
I
, p. 135, corsivo mio; ma cfr. anche ivi, p. 139;
Risp
.
II
, p. 156).
19
Cfr.
De ant
., cap. VII, p. 114-115.
20
Risp
.
II
, p. 156.
21
Ibid
. (corsivi miei).
22
De ant
., cap. I, pp. 38-39; cfr. anche
Risp
.
II
, p. 156. «Dio – scrive opportuna-
mente Paci – […] è il primo vero, è […] la norma del vero: la regola del conoscere
umano» (E. P
ACI
,
Ingens Sylva
, cit., p. 64).
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