Inoltre il principio vichiano del
verum-factum
rendeva immediatamen-
te visibile una condizione originaria dell’Io che in Cartesio si disoccul-
tava solo attraverso l’idea innata di un essere infinito, la cui presenza in
un ente finito come l’uomo non poteva giustificarsi in base alla sua sola
capacità ideativa, ma doveva rimandare ad una causa a lui esterna ed
ontologicamente superiore. La condizione originaria che Vico, attra-
verso il confronto con Cartesio mediato dal
verum-factum
, mette diret-
tamente sotto gli occhi suoi, dei suoi interlocutori e nostri sta tutta nella
consapevolezza che l’Io, l’Io che pensa non ha ‘fatto’ né sé né i propri
atti, non è causa
sui
né di questi ultimi, e pertanto ignora le modalità
della propria e della loro formazione: è «sempre inferiore al conosce-
re»
35
, anche a quello che lo riguarda più da vicino. «Per quanto lo scet-
tico sia consapevole di pensare – scriveva Vico, ma l’affermazione
potrebbe valere anche per chi scettico non era e non è –, pure ignora le
cause del pensiero, vale a dire il modo in cui il pensiero si forma»
36
. E
più avanti continuava spiegando che, seppure il pensare renda coscien-
ti di essere una mente, tuttavia «il pensare non è la causa del mio esse-
re mente, ma solo il sintomo [
techmerium
37
.
È questo il momento di riprendere quella constatazione, fatta sopra,
secondo cui su tutto ciò che si disloca al di là dello spazio circoscritto
occupato dal fare umano, grava un’incancellabile ipoteca di estraneità
e di precaria quanto incompleta conoscibilità.
L’
Io
, con cui l’individuo dice in sintesi il proprio mondo dinanzi al
Tu e lo differenzia da quello altrui mediante la rammemorazione auto-
biografica – come fa Sosia al cospetto dell’impostore Mercurio –, e la
mente
(non immemore del corpo), come quel complesso di funzioni nel
quale l’uomo, con convinzione risolutamente sentita, tende a individua-
re il suo nocciolo più autentico, devono entrambi riconoscere che, pur
costruendosi e modificandosi attraverso la loro storia, in origine non si
DEPOTENZIAMENTO DEL COGITO E ‘DISAPPARTENENZA’ DELL’IO
123
risultano conosciuti tutti i ben numerosi elementi e le loro connessioni […], significa
staccare il metodo dalla vita delle cose, vale a dire compiere un vano esercizio di logi-
ca sillogistica, non in grado di assicurare la certezza del conoscere […], alla quale serve
insieme l’indagine […] e il giudizio» (F. T
ESSITORE
,
Senso comune, teologia della storia
e storicismo in Giambattista Vico
, in I
D
.,
Nuovi contributi alla storia e alla teoria dello
storicismo
, Roma, 2002, p. 17).
35
V. V
ITIELLO
,
Il medio assente. Sul concetto di verità nel ‘De antiquissima’
, in I
D
.,
Vico. Storia, linguaggio, natura
, Roma, 2008, p. 47.
36
De ant
., cap. I, § 2, pp. 34-35.
37
Ivi, pp. 36-37.
1...,113,114,115,116,117,118,119,120,121,122 124,125,126,127,128,129,130,131,132,133,...196