in quanto fondata sulla critica delle opinioni e sulla ricerca della scienza del
bene e del male, ma fedele ai valori tradizionali.
Gajano legge quindi nel
Carmide
una critica dell’interpretazione oligarchi-
ca dei valori aristocratici, non dei valori stessi, critica che peraltro, parallela a
quella nei confronti della democrazia che ricorre spesso pure in altri dialoghi
platonici, mira a reinterpretare, riproponendoli sublimati, i valori aristocratici.
Molto affettuoso e denso di riconoscenza amicale ed intellettuale è poi il
saggio di Patrizia Pozzi e Sergio Gandini,
Paolo Cristofolini: maestro, amico e
compagno di studi spinoziani
(pp. 91-97), che, come già il titolo lascia presagi-
re, si apre con un ricordo, quello del seminario su
Spinoza
,
science et religion
tenutosi nel 1982 a Cerisy-la-Salle, «un luogo in cui si cerca di tradurre nella
realtà contemporanea lo spirito del simposio platonico, la concezione dello
studio della filosofia come ricerca che si alimenta di domande e di dubbi, in
un dialogo continuo di impronta socratica» (p. 91).
Pozzi e Gandini rievocano i temi spinoziani da sempre cari a Cristofolini:
quello dell’amicizia insieme al «rifiuto […] di qualsiasi adesione ad una pre-
sunta qualsiasi ‘ortodossia’, in nome di un’‘eresia totale’, come scelta incondi-
zionata della libertà di pensiero» (p. 93), e naturalmente quello della
laetitia
o
gioia, e della libertà e dignità, visto che, come Cristofolini stesso ha sempre
letto nel pensiero di Spinoza, «è nell’educazione al libero pensare che si rea-
lizza il compito più eccellente riservato all’uomo» (p. 97).
Pierre Girard discute poi su
«Boria delle nazioni» et Histoire sacrée dans la
Scienza nuova
de Giambattista Vico
(pp. 99-107), dopo avere anch’egli ricor-
dato con molto affetto il suo primo incontro con Paolo Cristofolini avvenuto
a Parigi nel 1990.
Partendo da alcune considerazioni di carattere generico sulla storia, Girard
riflette sul fatto che Vico sottomette la storia alla scienza e non lascia, in nes-
sun caso, che la scienza dipenda da criteri storici che la determinano: mante-
nere una tale esigenza occorre per evitare le pieghe metodologiche della «boria
delle nazioni» – dichiara l’A. – ma denunciare la «boria delle nazioni» equiva-
le per Vico a scartare di un evento storico ogni interpretazione deterministica.
Tale analisi, tuttavia, incontra un ostacolo nel modo in cui Vico tratta la storia
sacra: la storia del popolo ebraico sembra, infatti, sottrarsi ai criteri della
«boria delle nazioni», e pone un problema piuttosto stringente nella misura in
cui contraddice completamente la visione metodologica della
Scienza nuova
.
Girard rileva che il filosofo napoletano ammette lo statuto privilegiato del
popolo ebraico, dimostrando piena consapevolezza che la sua storia, rispetto
a quella delle nazioni pagane, è talmente eccezionale che non può assoluta-
mente fungere da norma. Pertanto se la storia sacra è neutralizzata e messa da
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