parte dal punto di vista storico e teologico, essa è ‘riutilizzata’ e resa attiva da
Vico da un punto di vista epistemologico e scientifico.
Ancora su Spinoza è invece il saggio di Chantal Jaquet,
I rapporti cor-
po/mente in Spinoza e la critica al «parallelismo»
(pp. 109-119). Jaquet discute
sul fatto che il problema dell’unione di mente e corpo in Spinoza deve essere
posto in termini di uguaglianza e non di parallelismo: anche se costituito da un
corpo e da una mente l’uomo in Spinoza non è affatto un essere doppio, e
mente e corpo sono un insieme pensato come unità. Ora – mette bene in luce
l’A. – i commentatori hanno assimilato l’identità di mente e corpo ad una forma
di parallelismo «tra la concatenazione delle idee e la concatenazione delle cose
e a concepire l’unione psicofisica e la correlazione tra gli stati fisici e quelli men-
tali sulla base di questo schema, visto che la mente e il corpo sono uniti come
un’idea al suo oggetto» (p. 111). Questa dottrina – la cui paternità è da fare risa-
lire a Leibniz – viene di fatto presentata come espressione di Spinoza, provo-
cando pertanto confusione, visto che essa non tende a restituire l’idea di unità
presente invece nella speculazione spinoziana, poiché introduce una forma di
dualismo e una pluralità irriducibili. Ed infatti – conclude Jaquet – se la dottri-
na detta «del parallelismo» può essere illuminante per il fatto che permette di
concepire una corrispondenza tra corpo e mente, senza interazione né rappor-
to di causalità reciproca, essa non è però davvero adatta a render conto della
concezione spinoziana dell’unione psicofisica, poiché offusca sia l’unità che la
differenza, vale a dire la divergenza tra i modi di espressione del pensiero e del-
l’estensione. Il saggio si conclude con la riflessione sul fatto che se il problema
dell’unione tra mente e corpo deve essere posto in termini di uguaglianza e non
di parallelismo, ciò non vuole affatto significare che esso sia risolto, ma anzi
implica la necessità di cogliere la natura di tale uguaglianza e di precisarne la
modalità, cosa che appunto fa Jaquet nelle battute finali del suo contributo.
Alberto Meschiari nel saggio
Vico e Spinoza nella
Völkerpsychologie
di
Moritz Lazarus e Heymann Steinthal
(pp. 121-126) rievoca, invece, attraverso
un impianto formale molto suggestivo, le tracce del pensiero di Vico e di
Spinoza nell’opera del fondatore della psicologia dei popoli.
Lazarus – ricorda Meschiari – amò particolarmente in Vico l’aver visto
nelle onoranze dei defunti l’inizio di ogni civiltà, e, insieme a Steinthal, fece
propri molti dei temi della speculazione vichiana, e cioè lo studio della lingua,
dei miti, della poesia, ma anche l’interesse per le religioni, per il diritto, per le
origini della società umana, mentre da Spinoza mutuò il concetto di sostanza.
Pierre-François Moreau con il denso saggio
Pourquoi Salomon?
(pp. 127-
132) affronta anche lui un tema spinoziano caro a Cristofolini, e partendo
dalla premessa che nel
Trattato teologico-politico
Spinoza parla di Paolo e di
RECENSIONI
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