corpo, inteso come la natura di un
tutto
, di un i
ntero
, dove intero coincide con
il
perfetto
, e dove l’imperfezione viene intesa come una
variante.
Ecco perché
– entro l’ambito di una tale riflessione – il concetto di mutilazione è parte inte-
grante del dibattito teorico, così fertile, in tanta produzione settecentesca, sul
rapporto tra immaginazione e assenza o imperfezione degli organi.
Attraverso suggestivi esempi tratti da Leibniz e Diderot l’A. attraversa il
tema della mutilazione, a sua volta strettamente connesso a quello della modi-
ficazione: «La modificazione delle parti di un organismo rendono l’organismo
irriconoscibile e soprattutto diverso dall’organismo originario. Una specie che
passa è in sé il segno di una trasformazione radicale e sedimentata, che niente
ha più a che fare con la specie che si estingue, che crea un
corpo
nuovo, dove
non esiste più l’errore in quanto tale, ma piuttosto una variazione della forma
originaria» (p. 184).
Ancora incentrato su temi cari a Cristofolini è il contributo che fa seguito
a questo di Manuela Sanna, ovvero quello di Cristina Santinelli su
L’«errore
grossolano» di Spinoza. A proposito di un giudizio di Malabranche
(pp. 185-
195). L’«errore grossolano» di Spinoza, spiega Santinelli, risiede per
Malebranche in tutto l’impianto teorico del filosofo olandese, nello spinozi-
smo
tout court
inteso come una volgare confusione, un sistema fondato sulle
‘illusioni’ dei sensi. Il giudizio di cui si fa riferimento nel titolo è quello espres-
so da Malebranche in una lettera del 1713 indirizzata a Dortous de Marain, il
quale in una sua precedente missiva pregava il filosofo di fornirgli una puntua-
le confutazione del pensiero di Spinoza, da cui egli era rimasto profondamen-
te turbato. L’A. riflette sul fatto che, nei pochi e contenuti riferimenti allo spi-
nozismo presenti nella sua opera, Malebranche si è dimostrato incline ad evi-
denziare «i comuni dinamismi psicologici che presiedono alla confusione tra
creatore e creatura,
natura naturans
e
natura naturata
. La sua critica risulta
dunque, complessivamente, più attenta alle dinamiche del ‘sentire’ che alle
tecniche e ai contenuti argomentativi. Benché Malebranche si sia trovato
costretto da Dortous, per la prima volta, a un confronto ravvicinato con il pen-
siero spinoziano, anche il loro epistolario non lascia emergere, in realtà, novi-
tà concettuali e torna a confermare tale atteggiamento, offrendo, in più, qual-
che elemento per motivarlo» (p. 190).
A metu religio
. Vico e Spinoza in una lezione pisana di Paolo Frisi (1756)
(pp. 197-202) è, invece, il titolo del contributo di Alessandro Savorelli, il quale
offre lumi su Paolo Frisi, padre barnabita ed esponente di non poco conto
dell’Illuminismo lombardo.
Frisi fu, tra le altre cose, docente di etica e metafisica a Pisa dal 1755 al
1764; delle lezioni pisane resta un manoscritto,
Lectiones ethicae et metaphhy-
RECENSIONI
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