deliberatamente non si avvale del contri-
buto apportato dalla relazione critica con
altri autorevoli pensatori e fa del solo «lu-
me naturale» l’unica fonte e legge, assolu-
ta e totalizzante, del pensare (cfr. p. 15).
[R. D.]
7. C
ACCIATORE
Giuseppe.
Filosofia
‘civile’ e filosofia ‘pratica’ in Giambattista
Vico,
in
Momenti della filosofia civile italia-
na,
a cura di G. Cacciatore e M. Martirano,
Napoli, La Città del Sole, 2008, pp. 21-44.
L’A. ripercorre l’intera parabola del
pensiero vichiano con sguardo attento al
tema della «filosofia civile», che assume
qui una fondata centralità in quanto «i
concetti e i termini di
bene civile
,
vita civi-
le
,
civile società
ricorrono con puntuale
frequenza in tutto il
corpus
delle opere» di
Vico (p. 22). Presupposti irrinunciabili del
sapere pratico, che nella città mondana si
coniuga nei modi della comprensione e
del rispetto per gli usi e i costumi confor-
mi alla partecipazione sociale, sono ancora
una volta (e come potrebbero non esser-
lo?) la critica all’approccio scientista di
Cartesio e il nesso tutto vichiano di filoso-
fia e filologia. L’esclusione cartesiana della
dimensione storico-sociale della vita
umana dal novero degli oggetti suscettibi-
li di una conoscenza apodittica, se, da un
lato, denunzia la rigidità del modello epi-
stemologico perseguito dal pensatore fran-
cese, monologico e dunque impermeabile
non solo alla varietà multicolore – seppure
non caotica – dell’agire sociale dell’uomo,
ma anche alla possibilità di essere affianca-
to da un diverso metodo destinato a legge-
re, conoscere ed ordinare quella varietà,
dall’altro, non consente ai giovani di
acquisire una sufficiente «dote di pruden-
za nella vita civile» (p. 23). Il connubio
postulato fra la «storia ideale eterna» e la
«storia di tutte le nazioni», che in base a
quella corre «in tempo» (
Sn25
, capov. 89),
permette di connettere la «metafisica dei
principi», l’ordine stabilito dalla Provvi-
denza, con «i costumi delle nazioni» (p.
34), e mette al sicuro da una possibile deri-
va prassistica della nuova scienza antro-
pologico-sociale scaturita dalla riflessione
del filosofo napoletano.
In questo avvincente complesso di
temi e di indagini legati alla «filosofia ci-
vile», una comprensibile rilevanza assu-
mono i concetti di
prudentia
e di senso
comune (rispetto a quelli di universalità
logica), le funzioni della ragione intuitiva
(contro le altre di quella astratta e forma-
le), gli strumenti euristici della retorica
(piuttosto che quelli della scienza dedut-
tiva). A partire dalle
Orazioni inaugurali
sino alla
Scienza nuova
, passando per il
De ratione
, il
De antiquissima
e il
De uno
,
la filosofia vichiana si definisce come un
sapere unitario che è tanto «strumento
logico-conoscitivo» quanto «strumento
pratico e storico-critico dell’azione uma-
na», indirizzato quest’ultimo sia ai «com-
portamenti morali» dell’uomo che «al
processo di civilizzazione delle nazioni»
(p. 44). Si tratta, come in più luoghi chia-
risce l’A., del frutto di un raffinato e po-
deroso «esercizio intellettuale», che nulla
concede all’«obiettivo della ‘gloria vana
dell’erudizione’» e tutto convoglia nello
«sforzo costante di indirizzare le ‘lettere’
al
bonum commune
» (p. 27). Dunque una
«filosofia civile», quella di Vico – spiega
l’A. –, che è tale non solo nei contenuti e
negli oggetti di ricerca (ordinamenti
sociali e politici, norme comportamentali,
usi, costumi, tradizioni storiche, bene
comune), ma anche nelle intenzioni e nel-
l’esigenza sempre avvertita di connettere
il rigore della contemplazione con le
«ragioni della
utilitas
» (
ibid
.).
[R. D.]
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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