to col neoidealismo italiano interessato a
riconoscerne l’esito nella dottrina fascista,
vista come originale alternativa italiana al
marxismo e alla sua filosofia materialisti-
ca, di modo che, pur in una «colossale
cecità nei confronti della realtà politica»
(sottolinea Cormack), il radicamento di
questa ispirazione in Vico «veniva ad
offrire il completamento della riflessione
di Yeats sulla storia» (p. 26). In entrambi
tuttavia l’effetto della lettura di Vico si
diffonde ampiamente al di là degli enun-
ciati programmatici e viene ad investire
l’intera connessione tra storia e linguag-
gio e in certo modo quindi la natura stes-
sa della pratica narrativa. Con ampio rife-
rimento al celebre studio giovanile di
Beckett,
Dante… Bruno. Vico… Joyce
,
Cormack argomenta la centralità che
assume per Joyce e Yeats il programma,
scorto in Vico, di una risoluzione della
storia in una «storia delle rappresentazio-
ni» linguistiche (p. 32): «un modello
antiegemonico di storia», dice, che non si
affida ad una idea (imperiale) di «svilup-
po organico della ragione universale» ma
ripercorre piuttosto «le concrete modifi-
cazioni di linguaggio e tropi in un senso
spaziale più ancora che temporale» (p.
33). Trattenendosi così entrambi da ogni
ricostruzione del pensiero vichiano come
anticipazione della filosofia hegeliana
della storia, Yeats e Joyce accentuano il
carattere antirazionale, eversivo, antifina-
listico e persino «ironico» della circolari-
tà vichiana, ricorrendo ad essa «per fog-
giare una nuova coscienza storica, libera
da tutti gli autocompiacimenti della teleo-
logia» (p. 37).
[L. P. C.]
10. C
RISTOFOLINI
Paolo,
Il sostrato
materiale delle idee: esperienze di edizione
e di traduzione,
in
Edizioni e traduzioni di
testi filosofici
, Milano, Franco Angeli,
2006, pp. 207-214.
Nella ricognizione del proprio lavoro
di «storico del pensiero», consapevole
dell’inevitabile rapporto tra il «pensare e
il ripercorrere geneticamente le forme del
pensiero», l’A. ricorre al celebre nesso
vichiano tra filologia e filosofia, tra
storia
delle idee
e
storia delle parole
in quanto di
cose
, come si legge nel citato e merita-
mente noto brano del
De constantia
(p.
207). Ma il ricordo del filosofo napoleta-
no non si esaurisce in questa osservazione
preliminare di carattere metodologico; si
estende a tutto l’argomentare di Cristo-
folini, esperto e noto traduttore ed edito-
re del Vico (e di Spinoza) sin dai primi
anni Settanta con l’importante e ancor
oggi utile raccolta sansoniana delle
Opere
filosofiche e giuridiche fino alle prove più
recenti, portate a termine (nel 2004) sulla
Scienza nuova
del 1730. A quest’opera
monumentale si riferiscono le sue efficaci
descrizioni del lavoro svolto sul testo a
stampa e su manoscritti di corredo (
mar-
ginalia
, testi correttivi e integrativi suc-
cessivi), per assimilare, in questo caso, il
lavoro intellettuale al «paziente e metico-
loso lavoro materiale, artigianale, del
restauratore di un pezzo antico, che sia
un mobile, o un quadro, o un utensile da
cucina» (pp. 210, 211). Uno stile che vale,
soprattutto, per ogni innovativa interpre-
tazione che sappia tener conto del diveni-
re del testo da rendere «cinematicamente
[…] visibile». Ciò vale soprattutto per
Vico e il suo stile di pensiero che non cre-
de nel valore naturale e dato delle parole,
ma nel loro sedimentato e storico senso,
nell’importanza della filologia e dell’eti-
mologia, nel valore
visivo
delle parole. Da
qui l’esigenza, in sede ecdotica, di rispet-
tare tutti i momenti di questo parlare e
scrivere senza assolutizzare quello con-
clusivo della riflessione ed occultare tutto
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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