questa tra ’700 e ’800. Con l’accortezza di
intendere la ‘filosofia della vita’ in senso
più lato, emancipandola dalla coloritura
meramente romantico-vitalistica, l’A.
recupera a tal fine di Vico innanzitutto le
critiche al razionalismo cartesiano e il
ruolo produttivo attribuito all’immagina-
zione, e lo associa alla linea di pensiero
che sfocerà nel pragmatismo di William
James, ossia del fare come criterio dina-
mico di verità. La concezione vichiana
del linguaggio come fare poietico che me-
dia la costituzione del mondo civile collo-
ca Vico in una tradizione aristotelica, net-
tamente distinta dalla teoria kantiana
della cultura e piuttosto vicina al moder-
no comunitarismo. Il fulcro della linea in-
terpretativa che l’A. da tempo va artico-
lando si sposta in questo nuovo contri-
buto nella direzione di un «pragmatismo
filosofico-vitale».
[S. C.]
13. G
ASSENDI
Pierre,
Epistola per il
libro De Veritate di Herbert Barone di
Cherbury in Inghilterra
, a cura di F. De
Carolis, Napoli, Giannini, 2006, pp. 103.
Nell’elegante volumetto che traduce
il testo (con originale a fronte) dell’
Epi-
stola
del Gassendi al Cherbury per l’invio
del suo
De veritate
, il curatore fa seguire
all’informata presentazione, in parte ri-
dondante di ‘cenni’ e ‘riferimenti’ biblio-
grafici, un accurato apparato di note. In
una di esse, la n. 11, rinvia al celebre cri-
terio gnoseologico del
verum-factum
,
quando si tratta di commentare la distin-
zione sul piano della conoscenza umana
tra «la natura in sé» delle cose e quelle
«artificiali, poiché sono nella nostra
mente» (p. 59). De Carolis sottolinea
opportunamente le fonti epicurea e lucre-
ziana dentro la sintassi filosofica del
Gassendi e, con riferimento a Vico, pro-
pende per un «deciso richiamo alla tradi-
zione rinascimentale ed umanistica», pur
riconoscendo, subito dopo, che il «Gas-
sendismo fu spesso visto come elemento
mediatore tra filosofia scientifica eterodos-
sa e nascente Illuminismo» (p. 97). Ma
nella parte finale dell’
Epistola
non devono
sfuggire i richiami dell’autore del
Sintagma
allo scetticismo, considerata l’incertezza
delle «sensazioni» ad apprendere le «qua-
lità» dei corpi e giocato su quel complesso
tema sei-settecentesco dell’«anima delle
bestie», le quali indirettamente attestano
l’impotenza dell’uomo, perché «sentono
cose – osserva Gassendi – che non affetta-
no i nostri sensi» (p. 59). In tale contesto
andrebbe utilmente riproblematizzata la
presenza di Vico anche rispetto alla matri-
ce cartesiana del discorso introdotto dal-
l’interlocutore del Cherbury.
[F. L.]
14. G
RAVINA
Gianvincenzo,
Della
Ragion poetica Libri due,
a cura di F.
Lomonaco. Napoli, ScriptaWeb, 2008,
pp. XXXVI-215.
Si tratta della ristampa anastatica dei
due libri
Della ragion poetica
di Gianvin-
cenzo Gravina, pubblicati a Roma, pres-
so lo stampatore Francesco Gonzaga, nel
1708, ed entrambi dedicati alla principes-
sa di Carpegna.
Nelle pagine introduttive del Libro
Primo, Gravina si domanda se sia possi-
bile parlare di una ‘ragione’ della poesia,
e se si possa considerare quest’ultima un
momento necessario dell’attività della
mens
umana, negando quindi ogni norma
esteriore per riconoscere alla poesia stes-
sa una sua propria ragione intrinseca. Il
Libro Secondo, invece, del tutto autono-
mo dal Primo, è interamente dedicato
alla letteratura volgare.
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