l’
Introduzione alla critica del testo
pubbli-
cato dallo storico del diritto Hermann
Kantorowicz nel 1920, il saggio si apre e
si chiude con un richiamo al rapporto
istituito da Vico tra giurisprudenza e ora-
toria. Definito un vero e proprio
antefat-
to vichiano
che trova consistenza teorica a
partire dal
De ratione
, stabilisce che
«diritto e critica del testo offrono due
autonome, ma talora coincidenti, ‘mappe
del mondo’, ed è a queste mappe che ha
fatto riferimento la cultura sei-settecente-
sca, nel tentativo di traghettare i saperi
umanistici dalle ceneri di Alessandria sul-
le sponde della modernità» (p. 545).
Nella disamina affrontata da Kantoro-
wicz intorno al concetto di
autentico
in
un’accezione giuridico-filologica, nella
sua più propria distinzione con il
vero,
sembra risuonare l’eco delle pagine dedi-
cate da Vico alla giurisprudenza che
«tutta fu poetica», modello di antica giu-
risprudenza che ancora si avverte tra le
righe di pagine composte nell’eredità
della scienza giuridica tedesca tra XIX e
XX secolo.
[M. S.]
25. S
COGNAMIGLIO
Alessia,
Ancora
sul Vico di Paci,
in
In ricordo di un mae-
stro. Enzo Paci a trent’anni dalla morte,
a
cura di G. Cacciatore e A. Di Miele,
Napoli, ScriptaWeb, 2009, pp. 159-170.
L’A. ripercorre i momenti principali
di quel dialogo che Enzo Paci instaurò
con Vico – ma non solo – facendo di
Ingens Sylva
un testo di riferimento sto-
riografico della seconda metà del Nove-
cento. La traccia di lettura di Paci è un
dualismo costantemente riproposto da
Vico, alzandone, in un certo senso, il tiro
proprio nella ricerca di una sua concilia-
zione. Dal cupo confronto ‘lucreziano’
degli
Affetti di un disperato
, l’originario
dualismo tra natura e spirito si amplia
progressivamente, non solo come «espe-
rienza che coinvolge esclusivamente il sin-
golo, ma anche come momento universa-
le del corso della storia» (p. 163). Se nelle
Orazioni inaugurali
il momento della sin-
tesi costituisce un ideale educativo, in cui
l’uomo è quel ‘medio’ «la cui storia è e
sempre sarà perpetua sintesi che conduce
e condurrà ad un altrettanto perpetuo ria-
prirsi di sintesi» (p. 164), il
De ratione
«rompe l’equilibrio e spezza la sintesi
provvisoria» costituita dalla
ratio studio-
rum
, pur nel suo continuo e critico con-
fronto col passato, e punta alla conquista
di un «ideale e assoluto mondo umano» a
cui si contrappone sempre il limite costi-
tuito dalla natura. È qui, osserva Scogna-
miglio, l’apertura significativa di Paci allo
storicismo e la chiusura nei confronti del-
l’idealismo, «visto che l’ammissione della
finitezza umana esclude l’idea del mondo
quale creazione dell’io» (p. 165). È possi-
bile dunque rintracciare nuovamente
anche nelle opere successive di Vico una
valenza cupa di risonanze vatolliane; ma la
natura diventa progressivamente un ele-
mento ‘funzionale’ «tale da permetterle di
entrare a far parte del mondo della storia
e dello spirito, e di divenire il mezzo per
realizzare un mondo morale» (p. 166).
Sempre più centrale sarà, nel percorso
che va dal
De uno
alla
Scienza nuova
, il
ruolo affidato all’immagine come «media-
zione della storia e della filosofia», come
«tramite attraverso il quale la natura si fa
storia, il senso è avvertito e diviene spirito
[…]; quel momento in cui si compone la
sintesi del dualismo […]. Solo l’immagine
per Paci rende attuabile nella
Scienza
nuova
la conversione dell’uomo-bestia in
quell’uomo civile che seppellisce il pro-
prio corpo per aprirsi alla rinascita della
storia e del suo ciclico alternarsi di pro-
gresso e decadenza; ma essa realizza pure
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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